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   L'ANGOLO DI PIETRO
U babbaluciaru  Ricordi di Pietro Ancona

Il gruppo è una zona dedicata ai ricordi, ai sentimenti, alla Sicilia che c'era e non c'è più a tante persone che abbia

mo incontrato e sono state buone con noi e ci hanno aiutato magari facendoci credere in noi stessi alla storia ed alla cultura della Sicilia e di tutto quello che abbiamo visto ed imparato ed amato in Italia.
U babbaluciari è la zona di San leone in cui sfocia il fiume Akragas ricchissima di babbaluci. Il fiume una volta era pieno di anguille di una qualità buonissima. Mio zio Diego andava a pescarle.

Memoria non vuol dire rimpianto. Sto molto meglio adesso dai tempi che ricordo. Non vorrei tornare indietro ed il ricordo ha per me il valore di un riordino dei miei sentimenti e di cose che mi porto dietro da tutta la vita.


                                                                                
 vedi anche  Quei bimbi di strada e la pietà strabica PietroAncona e
                                                            
Il giardino di limoni  di Pietro

 Ancona

indice

 

 

 

 http://www.facebook.com/groups/266646570112242/
 

Mnemosine

Sono in vena di svuotare la cornucupia dei ricordi. I ricordi sono come le ciliegie: uno tira l'altro. Avevo cominciato a scriverle su "Agrigento in bianco e nero" il bel luogo di ritrovo degli agrigentini. Presto mi sono reso conto che rischiavo di essere troppo invadente con i miei frequenti e numerosi post rispetto quelli degli altri soci e così ho deciso di fare "U babbaluciaru" dove raccolgo tutto quello che sto ricordando prima che me passi la voglia.
http://www.didaweb.net/mediatori/articolo.php?id_vol=481

pubblicato in "Agrigento in bianco e nero"
 

Ricordi

Ho frequentato fino alla terza elementare dalle suore. L'istituto era in Via Oblate in cima ad una scala slabbrata. Le suore portavano in testa un copricapo bianco a larghissime tese. Feci amicizia, una amicizia che durò fino a quando la monaca restò ad Agrigento, con suor Luisa. Suor Luisa era di origine campana ed era buonissima.
Ricordo del convitto il giardino che era però in un corpo dell'edificio dal lato opposto della strada e molto più in basso. Mi è rimasto impresso per sempre nella memoria l'odore di gelsomini che sentivamo quando lo raggiungevamo nell'ora della ricreazione. Tra i compagnucci ricordo Franco Gaglio figlio di Gaetano che fu consigliere comunale del PCI. La mia amicizia con Franco è rimasta per sempre.

I Ciarduni

Prima del 50 sbarcò ad Agrigento il signor Saito che impiantò un piccolo laboratorio di dolci ed un negozietto di vendita proprio davanti la scuola media situata tra la Chiesa di san Giuseppe ed altri negozi tra cui il grande magazzino di ferramenta dei fratelli Cascino. Il signor Saito introdusse ad Agrigento un fantastico dolce il ciardone che era una specie di cannolo ripieno di ricotta di pecora ricoperto all'esterno da uno strato di mandorle tritate. I ciarduni del signo Saito ebbero un successo strepitoso e presto il suo esercizio si trasferì in un grande locale di fronte attaccato quasi alla scuola,.

Toponomastica

Se qualcuno si chiede come mai molti nomi di strade agrigentine sono di personaggi della Grecia classica tipo Via Callicratide o altro la risposta è:sono stati proposti dal poeta e grecista Raimondo Firetto, dirigente delle Ferrovie dello Stato, segretario della sezione del PSI per un certo periodo di tempo. Il quale era assolutamente innamorato di tutto ciò che si riferisce alla letteratura alla tragedia alla storia della antica Grecia. Dopo aver appena tradotto una poesia di Saffo o di altro grande poeta gli si inondavano gli occhi di lacrime sotto gli occhiali, si commuoveva, la voce gli si spezzava......

Mario Bonfiglio

In Via delle Orfane di Agrigento c'era l'abitazione e lo studio di avvocato di Mario Bonfiglio, illustre figura di giurista e di politico purtroppo dimenticato dalla città. Mario Bonfiglio abitava con la sorella Margherita ed il fratello Salvatore, generale in pensione dell'esercito. Quando io li ho conosciuti erano tutte e tre oltre i sessanta anni, scapoli vivevano insieme . Margherita governava la casa.
Mario Bonfiglio era avvocato importante. La mattina la grande sala di aspetto del suo studio si riempiva di clienti che aspettavano pazientemente che lui finisse di fare le sue cose nel piccolo giardino accanto lo studio.
Molte persone venivano assistite gratuitamente. Mario Bonfiglio era stato sindaco di Agrigento energico e volitivo nel dopoguerra. Non fece mancare la farina ed il gasolio per andare avanti. Era demolaburista a differenza del fratello Giulio che era democristiano e fu Presidente dell'Ars. Anche il nipote Angelo fu democristiano e fu Presidente della regione siciliana.
Al tempo in cui frequentavo le medie non ricordo come ero diventato suo amico. Trascorrevo gran parte del mio tempo nel suo studio con lui ed il suo fedelissimo segretario dattilografo tuttofare Torregrossa. Un uomo di legge come lo sono certi assistenti di avvocato che purtroppo morì giovane perchè malato di cuore.
L'avvocato era burbero ed assai temuto da tutti per le sue sfuriate. Ma era un grande uomo.
Avevo dodici o tredici anni quando ebbi problemi di salute. Allungavo perchè ero nell'età dello sviluppo ma dimagrivo. Avevo le alucce alle spalle per vie delle scapole sporgenti. Bonfiglio mi mandò a farmi visitare dal suo parente dr.Savatteri il quale riferì all'avvocato che avevo soltanto bisogno di mangiare, mangiare proteine....
Da quel giorno per molti mesi ogni giorno ricevevo un uovo dall'avvocato. Se non andavo allo studio l'uovo mi veniva portato a casa dalla sua segretaria che me lo porgeva con un bel sorriso.
L'avvocato era Presidente del Consorzio del Voltano che forniva la meravigliosa acqua delle sue sorgenti. Direttore del Consorzio era l'ingegnere Sciascia una persona speciale.
Anni dopo, quando io divenni segretario della camera del lavoro di Agrigento feci una vertenza al Consorzio per conto dei dipendenti. L'avvocato ascoltava con attenzione compiaciuta le ragioni che io gli illustravo e se ne convinse pur essendone controparte. Quando la Commissione Provinciale di Controllo bocciò la delibera del Consorzio che recepiva gli accordi, fece ricorso e lo vinse. I dipendenti ebbero la pianta organica e gli scorrimenti di salari che io avevo contrattato! Questo era l'uomo!
Quando mi fidanzai nel 1963 lo andai a trovare. Fu felice di accogliermi e mi festeggiò assieme alla sorella Margherita.
Mori per le conseguenze di una polmonite alla Clinica Candela di Palermo.
E' stato per me uno degli incontri importanti e belli della mia vita. Non ho mai dimenticato nè lui nè la professoressa Maria Baeri che mi spronò e mi diede a leggere i suoi libri. Lessi Guerra e Pace nell'estate del 1950 a San Leone seduto sul gradino della sua abitazione davanti al nostro bellissimo mare africano.

 

Santu lì

Del lido di San Leone ho un ricordo bellissimo. Era un vero borgo. Sul lungomare si affacciava una fila di povere case (come in fondo sono poveri case e palazzi ad Agrigento) e nelle seconde file c'erano alcuni comodi i villini non molto appariscenti della borghesia agrigentina. All'imbocco del lungomare sulla destra c'era la casa della famiglia del mio carissimo amico Fausto D'Alessandro. Negli anni ruggenti del centro-sinistra volgarone e cementizio qualcuno penso bene di proporre e poi realizzare un progetto sul lungomare. Si allargò la striscia di strada e si cementificò creando un orribile (per me) passeggiata sul mare. Inoltre si fece un porticciolo che ebbe il terribile effetto di modificare l'andamento delle correnti marine per cui larghi tratti di dune sabbiose scomparvero per sempre. Non tenendo conto della necessità di mettere piante capaci di acclimatarsi alla forte salsedine marina si piantarono palme che presto apparvero patite e bruciacchiate ( così li ricordo). Insomma la bellissima incontaminata borgata agrigentina è stata rovinata per sempre. Leggo che adesso è luogo di incendi di stabilimenti balneari e probabilmente a causa della movida la notte non sarà più possibile dormire per i residenti.
 

Grattatella e lecca lecca!
Passava per le vie dei quartiere un ragazzone con una cassetta di legno che teneva attaccata al collo e nella quale teneva una forma cilindrica di ghiaccio e bottiglie di aromi: menta, amarena, fragola, limone etcc..Appena appariva era circondato subito da un nugolo di bambini che mostravano i soldini e reclamavano subito la loro grattatella. Il ragazzone era l'allegria in persona. Si divertiva a vedere i bambini eccitati ed impazienti. Tirava fuori un aggeggio con il quale grattava, letteralmente grattava, il ghiaccio. Il grattato si metteva in un bicchiere dove si versava l'aroma.- A volte non ci si serviva neppure del bicchiere. Si teneva in mano e quando la mano si raffreddava troppo si passava nell'altra mano.

A volte vendeva enormi Lecca Lecca. Si compravano in cooperativa ed ognuno aveva diritto a dare una leccatina a turno con gli altri.!!!

Il divano dei poveri
Passava il venditore e ti offriva da comprare un divano. In genere mostrava la foto di tre o quattro. Non c'era molto da scegliere. Offriva una rateazione così minima da invogliare tutti anche i più poveri a comprare. Ricordo un divano comprato da mia madre e pagato non so in quanti anni a 500 lire al mese. Il divano era buono e fatto di buon materiale. Questo avveniva quando ancora la vendita rateale non era diventata un fatto di massa. Ma anche rispetto a questa, era sempre straordinaria la piccolissima rata del venditore ambulante.

Cortei funebri

I cortei funebri più frequenti d'inverno che nelle altre stagioni (chissà perchè) attraversavano Piazza Municipio e poi Via Atenea. Chi se lo poteva permettere chiedeva la partecipazione delle orfanelle ricoverate negli istituti religiosi.Ricordo la carrozza mortuaria preceduta da due file di bambine a volte anche molto piccole, vestite poveramente, con la faccia pallida (cosi le ricordo) che in due file aprivano il corteo. Le bambine recitavano preghiere. Non so fino a quando è durata questa chiamiamola cosi "usanza" che io ricordo con grande tristezza per tutta la tristezza di quei piccoli visi che si sommava e diventava una sorta di sofferenza.
 

Professoresse

D'inverno si organizzava lecturae dantis. Erano molto apprezzate quella della Prof.ssa Maria Alaimo che venivano ascoltate da una gran folla di persone. Una volta ne ascoltai una dell'avv.to Eduardo Pancamo di cui ricordo benissimo gli occhiali la faccia colorita e la barbetta a pizzetto grigia.

Mi è rimasta nel cuore la mia professoressa. Si chiamava Maria Baeri ed era anziana di età indefinibile vestita sempre di abiti neri. Viveva assieme ad una sorella nella via che costeggia da sinistra Via Atenea. Entrò in grandissima costernazione quando a causa di uno sfratto fu costretta a trasferirsi a San Leone. Io l'aiutai nel trasloco che letteralmente l'atterriva. Passai una estate a San Leone seduto sullo scalino della casa in cui era provvisoriamente alloggiata a leggere i suoi libri e sentire il rumore e l'odore del mare. Mi comprò Anni Verdi di Cronin un libro che io ho amato moltissimo. Il mare odorava di cose buone ed era pieno pieno di ricci che si trovavano a nidiate sotto le pietre.

Ente Comunale di Assistenza

D'inverno il Municipio organizzava la mensa per i poveri. Dalla via dove abitavo saliva tutte le mattine una processione di persone in gran maggioranza donne anziane che si recavano all'Eca di Piano San Giacomo per consumarvi un piatto di minestra. Salivano tutti in silenzio la scala di Via Re e provenivano in grandissima parte dall'Addolorata. Io a volte mi univo a loro ed andavo a mangiare il mio piatto di minestra.A volte la minestra era fatta con broccoli pieni di vermi di cavolaia che quasi ricoprivano il piatto. Ma nessuno ci faceva caso o rinunziava a mangiare per questo.Quando si parla di cibi biologici bisogna ricordare che tutta la verdura e tutta la frutta era soggetta ad infestazioni parassitarie difficili a volte da debellare. Biologico è bello ma la bella frutta e verdura priva di parassiti e bella a vedersi è pure bello.

 

Quando frequentavo la seconda media mia madre, preoccupata perchè non mi vedeva nè sereno nè contento, decise di parlare con la professoressa di italiano che abitava vicino casa nostra, in Via Garibaldi.
Accompagnai mia madre. Quando la professoressa venne a riceverla nella saletta di ingresso non fu gentile. Non chiese a mia madre neppure di sedersi. In piedi le comunicò senza darle il tempo di dire niente il suo verdetto. " Suo figlio è un somaro!" Girò le spalle ed andò via. Aveva in salotto il sacerdote professore di religione. Mia madre sbalordita era senza parole. Non si aspettava tanta ruvidezza.
Quell'anno fui bocciato. Quando andai a vedere "il quadro" in mezzo ad una folla di ragazzi in grandissima parte pieni di gioia per la promozione mi sentii male. Non dimenticherò che mi soccorse una cara e dolce ragazza. Si chiamava Stella Rizzo. Mi prese e mi portò alla baracchetta di mio padre in Piazza San Sebastiano. Avevo dodici anni.
Eppure le cose spiegate dalla professoressa Clesi che mi riteneva un somaro le ricordo quasi tutte. Ricordo che prediligeva Pascoli ed i decadenti. Le piaceva Panzini. Le spiegazioni che ci diede dei "due fanciulli" le ho ancora nelle orecchie. Era una selettiva classista. Io ero uno degli ultimi banchi e magari si chiedeva che ci facevo alla scuola media dell'elite agrigentina.
Sono ancora mortificato per l'umiliazione subita da mia madre. Ma ho un bel ricordo di Stella Rizzo come di una ragazza generosa della classe media agrigentina che capì quanto stavo male e mi tese la mano.

Mestieri

Passavano e gridavano la loro merce. Il primo di tutti era il pecoraio che veniva a vendere ricotta di pecora ancora calda racchiusa in una cavagna di disa un cespuglio di fortissimi fili di erba oppure in una cavagna di vimini. Dopo di lui ma sempre prestissimo a volte passava il contadino che vendeva i gelsi in piccoli graziosi orci coperti da una grande foglia di fico. Anche il capraru passava presto e mungeva davanti agli acquirenti il latte fumante, buon latte di capra! Poi passava il pescivendolo che il pesce quasi lo regalava tanto costava poco. Mia madre a volte comprava le "alaime" (rane pescatrici) che facevano un brodo straordinario oppure cassette di trigliola. Una prelibatezza che adesso credo sia scomparsa. Ma spesso comprava i rinomati merluzzi di Porto Empedocle che si mangiavano fritti. Il pesce era la proteina dei poveri.
Passava anche l'ombrellaio che riparava mettendosi sedere per strada con l'ombrello tra le gambe e la cassetta degli utensili accanto e chi riparava quartare giare o vasi. Praticava dei buc hi nella zona rotta legandoli con fil di ferro e spargendo mastice.

 

L'Albergo Gellia di Agrigento fu il sogno infranto di Diego Granata, una straordinaria persona con l'animo di mecenate che volle ristrutturare il vecchio albergo facendone un esempio di architettura perfettamente legata al colore della pietra di tufo agrigentino che arriva a volte ad essere quasi rosa ed un luogo per accogliere anche una elite di turismo non solo usa e getta. La sua cura dei particolare nel sovraintendere alla ristrutturazione era meticolosa, importante e costosa. Voleva i migliori materiali e si serviva dei migliori artigiani agrigentini. Nel corso della ristrutturazione ci fu una crisi di liquidità. Tutta la famiglia si mobilitò. Mio suocero il farmacista vendette la sua farmacia a Canicattì. Ma quanto si raggranellava non riusciva a coprire il buco che si era aperto e rischiava di diventare voragine. L'albergo fallì. Poco tempo dopo Diego Granata che la famiglia tutta ricorda come un giocondo ed amabile intrattenitore di bambini nelle feste che la radunavano cessò di vivere per un aneurisma cerebrale. Era cinquantenne.


Il negozio Altieri e la Federazione del PCI

Nello stesso corpo dell'Albergo Gellia era il negozio Altieri un negozio di Must, di qualità ,nel quale si andava quando si doveva prendere qualcosa di buono. Ricordo che Giuseppina vi comprò il rasoio elettrico che mi regalò.
La Federazione del PCI occupava li accanto un locale che io ricordo come un seminterrato. Per un certo periodo di tempo ne fu segretario Marcello Cimino. Lo ricordo intento a pulirne il pavimento la mattina presto. Marcello Cimino era figlio di un generale dell'Esercito e di una nobildonna ed aveva scelto il PCI come scelta di vita. Combatteva per una Sicilia diversa in una Italia rinnovata. Fu Ad Agrigento dal 48 al 52. Era marito di un'altra grande anima della sinistra siciliana: Giuliana Saladino, una persona che ha testimoniato la Sicilia con la sua attività letteraria giornalistica e politica.
http://www.comune.palermo.it/archivio_biografico_comunale/schede/marcello_cimino.htm


I fratelli Cascino
 
erano una famiglia agrigentina di imprenditori. Gestivano un grande negozio di ferramenta quasi in Piazza Municipio e sopratutto la Keramos una fabbrica di laterizi situata ai piedi di Agrigento che occupava un centinaio di operai. La fabbrica andava bene fino a quando non si fece una innovazione che si rivelò un disastro. Un forno dal quale il materiale usciva spaccato. La fabbrica trascinò la famiglia e gli operai nella crisi. Era Presidente della regione Angelo Bonfiglio ed io ero segretario regionale della CGIL. Non riuscimmo a bloccare il disastro che sarebbe stato recuperato molto più tardi. Il grande magazzino fu ceduto assieme a tutti i beni della famiglia. Uno dei fratelli Cascino, il più giovane ma già sposato e padre di figli si armò di coraggio ed emigrò in Olanda dove per un paio d'anni si adattò a fare i lavori più umili e pesanti. Imparò bene la lingua e riusci ad inserirsi nell'industria olandese, Divenne presto un apprezzato manager. Era disceso agli inferi e ne era risalito. Un esempio di rara forza morale, tenacia, voglia di risalita, grande onestà. Le vicende olandesi della famiglia Cascino mi furono raccontate dal mio fraterno amico purtroppo scomparso Ferdinando Fiandaca cognato del ragioniere Cascino emigrato in Olanda.

I Ciarduni

Prima del 50 sbarcò ad Agrigento il signor Saito che impiantò un piccolo laboratorio di dolci ed un negozietto di vendita proprio davanti la scuola media situata tra la Chiesa di san Giuseppe ed altri negozi tra cui il grande magazzino di ferramenta dei fratelli Cascino. Il signor Saito introdusse ad Agrigento un fantastico dolce il ciardone che era una specie di cannolo ripieno di ricotta di pecora ricoperto all'esterno da uno strato di mandorle tritate. I ciarduni del signo Saito ebbero un successo strepitoso e presto il suo esercizio si trasferì in un grande locale di fronte attaccato quasi alla scuola.

 

Beethoven

Di fronte al tribunale di Agrigento era la Farmacia Averna. Non so se c'è ancora. Il farmacista aveva un figlio di cui purtroppo non ricordo il nome. Un ragazzotto robusto con i capelli sempre scapigliati che non aveva molte amicizie. Io gli ero amico. Un giorno mi portò a casa sua e da un vecchio giradischi mi fece sentire la quinta sinfonia di bethoveen. Io non conoscevo la musica classica, non sapevo chi fosse Beethoven e ricordo che quella musica mi mise soggezione. Non posso dire che non mi piacesse. Mi piaceva ma mi incuteva, non so per quale ragione, timore. Il giovane Giandalia ne era rapito, estasiato e mi costrinse ad ascoltare per ben due volte il disco. Fu così a causa di questo mio bizzarro amico che all'età di dodici o tredici anni seppi di Beethoven.


La venditrice di sabbia

negli anni del dopoguerra c'era molta molta fame nella città.
Veniva non so da dove una donna molto vecchia, magrissima, vestita di un
nero che era talmente stinto da parere color cenere. Non so come facesse ma
si portava dietro un sacco di sabbia di roccia. La sabbia serviva allora per
pulire l'ottone e le pentole perchè era un ottimo abrasivo. Si usava assieme
a mezzo limone e si strofinava energicamente. La donna vendeva la sabbia per
pochi soldi. Soldi ne avevamo molto pochi e ci si industriava come si
poteva.

 

Furtunato l'Angiddraru


Quasi alla fine di Via Garibaldi c'era il negozio di frutta e verdura di Fortunato l'Angiddraru (pescatore di anguille era la "ingiuria" del padre). Era il negozio di frutta forse più importante di Agrigento, quello che forniva la migliore clientela la clientela che comprava la frutta più buona e più rara.Era scostante con i suoi pari quanto servizievole verso i denarosi ed i clienti benestanti. Molto borioso e pieno di sè specialmente verso i bambini che allora ronzavano come api attorno al miele ovunque ci fosse qualcosa da mangiare.
Ebbe un rovescio di fortuna. Perdette tutto non so come e perchè e si ritrovò senza un soldo in mezzo alla strada con una famiglia da campare.
Si ridusse proprio male. Lo si incontrava oppresso sotto il peso di ceste (carteddri) enormi

 Era sempre stato magro poi si ridusse ad uno scheletro poveramente vestito. La miseria, gli stenti, lo fecero ammalare. Si ridusse da malato a fare il facchino al mercato ortofrutticolo di Santa Lucia, ad aiutare i commercianti a sistemare la roba sui loro mezzi.
Trovò requie quando ebbe assegnata una pensione di invalidità che in qualche modo lo mise al diqua del punto minimo di abiezione sociale.
Quando lo incontravo al tempo in cui aveva già traversato l'inferno e si trovava in qualche modo al riparo della modesta pensioncina era diventata un'altra persona. La miseria non l'aveva incattivito ma quasi addolcito e parlava volentieri con me.
Il padre di Fortunato era persona che si era fatta una piccola situazione di benessere salando e vendendo sarde e, appunto, pescando e vendendo anguille. Non dimenticherò mai l'impressione che ebbi quando comprai da lui delle sarde e me le incartò con le pagine appena strappate ad un romanzo, un libro da antiquariato scritto su due colonne con i periodi che iniziavano con una bella lettera artistica. La pagina che mi diede con le sarde era del romanzo che narrava le avventure di un certo Gillas (se mal non ricordo), un romanzo ottocentesco di autore scandinavo. L'angiddraru aveva una pila enorme di libri rilegati con le copertine che si vedevano nelle librerie ottocentesche. Tante tante pagine per incartare sarde salate.

 

Raffieli

c'era un omino dai capelli tutti neri che però doveva essere molto anziano che si guadagnava da vivere con un carrettino trainato da un vecchio asinello. Un piccolo asino malandato che a volte mostrava una vistosa piaga sul dorso. Un animale che Raffieli caricava a volte fino all'inverosimile e che spesso, quando la strada si inerpicava in salita, non riusciva a farcela. Raffieli si disperava ed imprecava contro l'asinello che, con molto coraggio e molto eroismo puntava i piedi e cercava in qualche modo di far muovere il carretto. Quando Raffieli imprecava contro l'asinello si radunava un piccolo gruppo di monelli che assistevano sghignazzando e strillando alla scena facendo la caricatura di Raffieli. Il quale si incazzava e si disperava perchè non riusciva a raggiungere con la frusta nessuno dei monelli.
Raffieli ed il suo asinello non dovevano essere molto ben nutriti. Qualche volta soffrivano la fame. Ma affrontavano insieme coraggiosamente la vita. Raffieli imprecando ed agitando la frusta, l'asinello con la forza di tutta la sua buona volontà e voglia di far contento il suo povero padrone.

 

I mobilbar radio

Arrivarono ad Agrigento ritirati da un negozio situato quasi sotto il ristorante "Giugiù" i primi mobilbar radio . Erano magnifici apparecchi radio supportati da un piccolo mobile a volte scintillante di specchi. Alcuni avevano anche il giradischi,. In genere erano mobili belli a vedersi fatti di legno lucidato o intarsiato.
I netturbini di Agrigento furono tra i primi a comprarli e fecero a gara tra di loro chi lo avesse più bello più grande più colossal dell'altro.
Lo compravano a rate, lunghissime rateazioni, che il proprietario del negozio veniva ad esigere personalmente collocandosi a fianco dello sportello dal quale veniva pagato il salario. Tutti ebbero la radio ed anche un posto dove tenere qualche bottiglia di liquore! Tutti pagarono regolarmente le loro rate!
Io che cominciavo a fare il sindacalista ed a difendere i diritti di questa come di altre categorie ne fui contento perchè la radio in casa di tutti era strumento per la crescita culturale e l'informazione.
La televisione sarebbe arrivata molti anni dopo.

 

La Scopa

 "La Scopa" era un giornale scritto stampato distribuito dallo stesso avvocato Salvatore Malogioglio che agitava le solite questioni cittadine dell'acqua, della pulizia urbana, delle tasse, del funzionamento del Comune. L'avvocato in persona, un tipo dinoccolato con una faccia furba e quasi sempre incazzata, provvedeva a venderlo ad una lira la copia cioè a darlo gratis. Debbo dire che non ho mai avuto simpatia per lui o per i suoi comizi che spopolavano la città e facevano il pieno assoluto in Piazza Municipio. Provavo un senso di disagio e mi pareva tutta una manipolazione fatta da lui che a volte si faceva assistere da un giovane avvocato diventato popolarissimo ed anche da un somaro che veniva accolto nel palco dal quale intratteneva gli agrigentini con le sue scontate filippiche non si sa bene contro chi.Aveva creato nel pubblico una aspettativa di risata, di comicità, per cui prima ancora che finisse la battuta già la gente rideva. Onestamente non penso che fosse divertente e comico. Non condivido il suo "popolo bue, popolo cornuto!" C'era anche chi sussurrava malignamente che mentre concionava sull'acqua che mancava da quindici giorni i serbatoi della sua villa nella collina sovrastante il carcere di san vito fossero stracolmi del prezioso liquido. La città che si sollazzava alle battute dell'avvocato finiva con il votare regolarmente le persone che alla fine erano responsabili di quanto non andava e che in fondo non va tuttora. La risata corale ( 'a scaccaniata) suscitata da Malogioglio non seppelliva ma assolveva i responsabili. Tutto era ridotto ad una piagnucolosa farsa di Tersite che si lamenta ma senza fare troppo danno o troppo male agli obiettivi dei suoi strali polemici. Diciamo che era uno sfogatoio ben accetto al "potere" al quale non faceva neppure il solletico.

 

2,13 e 20

erano i numeri delle candidature mia di Fausto d'Alessandro e di Luigi
Granata alle amministrative di Agrigento. Fummo eletti tutti e tre merito
della granitica amicizia che ci legava e per la quale gli elettori furono
spinti a non dare un voto che non fosse per tutti e tre.
Grande parte dell'elettorato che mi veniva da mio padre e dai vecchi senza
pensione che io assistevo erano analfabeti. Ci voleva qualcosa che li
aiutasse a votarci. Ci rivolgemmo ad un compagno palermitano, il professore
Marchese che poi fu anche Direttore dello istituto dei SordoMuti di Palermo.
Il professore fece fare da un artigiano palermitano trecento quadrati di
alluminio con il segno dei tre numeri. Bastava infilarci dentro la matita ed
oplà gli analfabeti scrivevano tre bellissime preferenze!
Fummo eletti tutti e tre sbaragliando la concorrenza. Sconfiggemmo il buon
Prof. Antonino Bosco, Direttore didattico, vice sindaco uscente e l'altro
consigliere comunale uscente, un socialista impiegato dell'Inps di Agrigento
che meritava davvero di fare il consigliere perchè seguiva i problemi della
citta e delle persone assai meglio di quanto poi ho fatto io. Purtroppo non
ricordo dopo tanto tempo il cognome ma ne ricordo perfettamente le fattezze
come se l'avessi visto ieri.
Naturalmente la DC ebbe la maggioranza assoluta (come sempre). Il sindaco
Vincenzo Foti tuttora vivente e membro di questa comunità voleva che
facessimo il centro-sinistra. Ma eravamo troppo orgogliosi per farlo per la
enorme sproporzione di forze con la DC. Abbiamo preferito investire
nell'opposizione e da li fare crescere il Partito. Volevamo creare una
cultura socialista ad Agrigento ma non ci riuscimmo. Agrigento ha un
profondo substrato clericale. Una cultura diversa potrebbe crescere alla
condizione che la popolazione sia autonoma. Ma questa autonomia non esiste.
Ricordo di un impiegato della Provincia che lavò i piatti per molti anni al
suo capoufficio nella speranza di ottenere il posto per il figlio. Per
quanto ne so in questi cinquanta anni nulla è cambiato. Tutto è rimasto
immobile! Oggi le condizioni sono addirittura peggiori di quelle di allora
per il semplice motivo che allora si stava male ma c'era la speranza del
cambiamento. Ora si sta male e c'è la prospettiva di un peggioramento.
Agrigento ha avuto tantissimi uomini di governo e della politica nazionale.
Ma è come se appartenessero ad una sfera diversa che li separa dalla città e
dalla sua popolazione la quale si limita a votarli ad applaudirli. La
presenza di Bossi a Milano incide e muove la realtà. La presenza di Alfano o
di La Loggia ad Agrigento è come se non ci fosse. Niente si muove perchè non
c'è nessun motore di cambiamento e le cose vanno peggio di come sono sempre
andate.


Le azzaruole

Ci stiamo impoverendo biologicamente. Le varietà diminuiscono. Ricordo le azzaruole un bellissimo frutto asprigno, le zorbe che si facevano maturare a grappoli, le mele cotogne per la marmellata e profumare i cassetti della biancheria, le tante varietà di mele, mele di montagna che crescono sulle Madonie a 1500 metri di altezza con la faccia mezza bianca e mezza rosa bella accesa, le tantissime varietà di uva, le belle spighe di frumento di grano duro, i gelsi bianchi e quelli rossi.......I prodotti locali non hanno più mercato e comperiamo roba che viene da lontano

 

 Il padre di Fausto D'Alessandro


Il padre di Fausto D'Alessandro era Direttore del Consorzio Antitubercolare di Agrigento una organizzazione sanitaria preposta a fronteggiare il grave fenomeno sociale della tubercolosi. A volte accompagnavo Fausto a trovare il padre e mi capitava di vedere nelle sale del Consorzio diecine di giovani in gran parte provenienti dalla provincia. Apparentemente sembrano sani, ragazzi alti e di forte struttura, ma a guardarli bene si capiva che non stavano bene. Molti avevano un rossore innaturale ai pomelli della faccia scavata. La tubercolosi era provocata dalla fame, da prolungati periodi di denutrizione, dall'assenza di proteine nell'alimentazione e negli alloggi malsani, spesso catoi senza sole e con i muri anneriti dalla umidità. Il dr.D'Alessandro si occupava dei suoi malati usando qua nto era nelle conoscenze e nelle possibilità della medicina. Era una persona straordinaria che viveva intensamente la sua missione sociale di medico. Molti malati avevano i polmoni scavati da ampie caverne di tisi, altri venivano attaccati alle ossa. Soltanto la penicillina che all'inizio chi poteva si faceva mandare dagli USA ed il miglioramento delle condizioni ambientali e di nutrimento avrebbero debellato la tisi.La TBC durò molti anni e mieteva la nostra gioventù. Era straziante vedere i segni terribili della TBC nelle ragazze. Ragazze che si sentivano condannate ed avevano perso ogni speranza. Ora molto triste incontrare i malati e leggere lo spavento nei loro occhi. Qualcuno a volte era accompagnato dalla madre. Eravamo al fondo di un abisso di miseria, un fondo in cui quei giovani sfortunati sarebbe rimasti incastrati.


 

La famiglia Mazzarella.
 

Non so ora ma una volta ogni paese aveva una famiglia più o meno grande di macellai. Agrigento aveva la famiglia Mazzarella. I tre o quattro macellai di Agrigento scannavano in comune una vacca e un maiale se lo distribuivano e provvedevano alla rivendita. Tutto il consumo settimanale della città che se lo poteva permettere non andava oltre. La macellazione avveniva di venerdì nel Macello dell'Addolorata. Lo stesso giorno di venerdì si metteva in vendita u sancunazzi (sanguinaccio). U sancunazzu veniva preparato con le stesse budella dell'animale. Ancora caldissimo, io ne compravo per quanto mi dava mio padre ( venti lire, massimo cinquanta lire). Era tanto caldo che me lo passavo da una mano all'altra per non scottarmi. Era una prelibatezza!
Un ramo povero della famiglia Mazzarella abitava

 a Piano Re. Una famiglia con molti ragazzi credo cinque se mal non ricordo. Il venerdì i ragazzi aspettavano il padre di ritorno dal Macello allo inizio della scalinata di Via Re e lo aiutavano a portare un pesante pentolone pieno di interiora. Il Mazzarella povero aiutava la macellazione dell'animale e ne aveva in compenso le interiora. Arrivato in casa il pentolone di "quadume" veniva ripulito a dovere dalla severa signora Mazzarella e dalle figlie e cucinato a dovere. Mazzarella padre si collocava con esso all'ingresso del Vecchio Municipio dentro il quale in un cortile c'era una vecchia e buia putia di vino dove si beveva il forte vino gessato del Cannateddru in bicchieri rigati da un quarto di litro. I bevitori si fermavano a comprare da Mazzarella-padre un pò di quadumi e poi lo accompagnavano con il vino dentro la putia.
Nel dopoguerra, mentre tutti i bambini del quartiere San Giacomo eravamo magrolini, palliducci e con le alucce sporgenti dalla schiena, le ragasse Mazzarella erano floride, rosee e scoppiavano di salute. A differenza di noi che difficilmente avevamo qualche proteina a pranzo si nutrivano dell'abbondante quadumi guadagnato dal padre.
In seguito una delle ragazze andò sposa ad un vicino di casa che noi chiamavano l'ingignireddru (era geometra) ed il figlio maschio si impiegò all'ESA e cambiò completamente la sua vita come voi potete ben pensare. Gli stipendi dell'ESA sono sempre stati generosi!

 

Il meraviglioso vecchio di Naro con la lunga barba bianca!

Al ritorno dal servizio militare nell'aprile del 59 del millennio scorso Filippo Lentini mi convocò in Federazione proponendomi-ordinandomi di andare a lavorare alla Camera del Lavoro di Agrigento. Senza aspettare il mio consenso aveva inviato una lettera a Santo Tortorici che ne era segretario generale. A me sembrava naturale riprendere la carica di segretario provinciale dei giovani socialisti che ricoprivo prima di partire per il sevizio militare, mi sembrava una grossa ingiustizia e provai a ribellarmi nei limiti della disciplina interna del partito di allora. Ma il Partito fu irremovibile e fu così che diventai sindacalista a tempo pieno. Alla CGIL conoscevo già tutti perché da ragazzo avevo fatto i picchetti con gli edili a Porta di Ponte. Ricordo che mi alzavo la mattina alle quattro per andarvi a distribuire tra gli operai i volantini del sindacato o del Partito. Mi assegnarono subito ai pensionati. Io ero sconcertato! Ero un ragazzino! Allora i pensionati non avevano il minimo che poi fu introdotto e fissato in 12 mila lire mensili e la stragrande maggioranza degli anziani che io conoscevo erano senza pensione. Per questi mi misi a lavorare assieme all'On.le Domenico Cuffaro che propagandava un suo disegno di legge per l'assegno minimo regionale ai vecchi senza pensione. Una cosa di grandissima valenza umanitaria che affrancò molti vecchi malandati dal chiedere l'elemosina davanti le chiese. Alla Camera del Lavoro dove conobbi il grande amico della mia vita Giuseppe Grado che mi fu maestro e secondo padre mi presentarono al comitato direttivo dei pensionati dove all'unanimità mi accolsero come segretario generale della categoria. La mia prima visita in provincia fu a Naro. La lega dei pensionati era un locale scuro enorme pieno pieno di centinaia di persone. Fui accolto all'ingresso da un vecchio compagno dalla lunghissima barba bianca che tra gli applausi di tutti mi condusse al tavolo da dove avrei dovuto fare la mia relazione.- Ero emozionatissimo ed affetto da una balbuzie di natura nervosa che riuscii a sconfiggere nel tempo e che intanto fronteggiavo sostituendo le parole che mi era difficile pronunziare con altre. La visita fu un successo! Quelle persone anziane capivano che io non sapevo niente dei loro problemi ma sentivano in me la voglia di fare di tutto per aiutarli. Così feci per loro e per tanti altri anziani. Riuscimmo con il grande Domenico Cuffaro che merita di essere ricordato come comunista umanista e benefattore a fare approvare la legge all'Ars. Poco dopo veniva approvata la pensione sociale a livello nazionale.


 

L'usuraio

 Avevo otto o nove anni. Il mio povero papà venne a trovarsi in gravi difficoltà. Manteneva una famiglia numerosa. Io ero il più grande dei figli ma allora avevo soltanto dieci anni. Non sapendo più che fare si rivolse ad un signore che faceva notoriamente l'usuraio. Era questi un ometto agghindato con panciotto e bastone da passeggio. Aveva baffetti impomatati ed occhi grifagni, acutissimi, che sembrava volessero penetrarti. Mio padre aveva bisogno di 50 mila lire. Il signor S., l'usuraio, gliene diede in effetti 35 mila dicendo che alla scadenza mio padre avrebbe dovuto consegnarli 50 mila lire. Ricordo che quando mio papà tornò a casa con i soldi sembrava stravolto. Non riusciva a capacitarsi perchè non gliene fossero stati dati 50 mila come aveva chiesti per restituirne magari 65 mila! Ricordo che passò la notte insonne a tormentarsi, ad andare da una punta all'altra del catoio che abitavamo. Credo che le difficoltà di mio padre nascessero da tasse che avrebbe dovuto pagare da quando aveva una rivendita fissa di generi alimentari e di frutta e verdura. Dal maledetto giorno in cui mio padre ebbe i soldi dall'usuraio passarono due terribili anni per la restituzione del debito che intanto si era moltiplicato. L'usuraio viveva agiatamente succhiando il sangue a persone che avevano la sfortuna di dovere ricorrere a lui. Aveva tante proprietà. Ma era un tristo individuo solo schifiato da tutti.


Gildo Moncada

Negli anni del dopoguerra venne ad abitare ad Agrigento proveniente da una città del Nord la famiglia Moncada. Eravamo vicini di casa. Il personaggio più importante della famiglia era Gildo che era stato partigiano e comunista. Era mutilato di una gamba e usava una protesi. Era una persona piccola di statura, con i capelli ricci su una faccia dominata da due grandi occhioni con folte sopracciglia. Parlava in italiano scandendo bene le parole e aggrottando la fronte quando la risposta o quello che doveva dire lo impegnava. Era una persona serissima. Io ero molto attratto da Gildo che per me era un eroe che avevano combattuto gli odiati tedeschi. Il fatto che fosse comunista era da me percepito come l'appartenenza ad un qualcosa di autorevole, forte. Anche mio padre era comunista ma i fratelli Peluso da Caltagirone che avevano un magazzino di ceramiche dentro il Municipio vecchio lo indottrinavano all'anarchia Cosa per la quale io ero inquieto. .Erano anarchici e questo era per me qualcosa che andava molto oltre l'essere comunisti. Quando si univano a discutere con mio padre avevo l'impressione che cospirassero e che presto sarebbero arrivate le guardie ad arrestarli tutti. E questo un pochino mi spaventava.

 

La ricotta alle sei del mattino

Ero un bambino di otto o nove anni quando la mattina prestissimo andavo a comprare la ricotta con la quale facevo colazione. Mia madre mi dava una gavetta e venti o trenta lire al massimo ed io andavo non molto lontano da casa nel luogo dove la ricotta veniva creata tutte le mattine. Il pastore che la produceva era un omone di carnagione scura piuttosto obeso che attendeva al suo compito con grandissima serietà quasi fosse un rito. In un gran pentolone metteva il latte ed il caglio e si aspettava che si compisse il miracolo. Tutti i bambini come me aspettavano attorno al grande pentolone che affiorasse dall'acqua lattiginosa che sarebbe diventata siero lo strato di morbida e bianchissima ricotta Questo miracolo avveniva puntualmente tutte le mattine ma lo attendevamo senza la certezza che accadesse e quindi con una certa quale trepidazione. Ad un certo punto nel silenzio generale dal fondo del pentolone circondato dalle teste dei bambini intenti cominciavano a vedersi delle lucette, dei fiocchi bianchi, come di una nevicata che accadesse in un cielo capovolto, come se la neve ascendesse dal basso e non dal cielo. Era uno spettacolo sempre nuovo e sempre bellissimo che durava un paio di minuti. Quando la ricotta era tutta affiorata il pecoraio ci riempiva le gavette (ce n'erano tante in giro allora) o i contenitori di siero e ci dava quanta ricotta chiedevamo. Aveva cucchiaioni di diversa grandezza: da cinque lire, da dieci, da venti. Si aggiungeva al siero che non pagavamo la ricotta richiesta. Giunto a casa mia madre mi dava un grosso pezzo di pane che rompevo nel siero e nella ricotta e mangiavo tutto. La ricotta era sempre buonissima e sapeva anche delle buone e ricche erbe dove il pecoraio pascolava le sue generose capre o pecore..

 

Guadalajara

L'anno in cui io nacqui Agrigento attraversava uno dei periodi più duri della sua storia. Circolava pochissimo denaro e molta, troppa gente, soffriva la fame. Mio padre si era appena sposato e, come tanti altri, accettò l'invito del regime ad arruolarsi nel CTV (Corpo Truppe Volontarie) che operava in Spagna dalla parte del golpista generalissimo Franco ed in Africa Orientale. Assieme a mio padre si arruolarono molti agrigentini e tra questi il padre di due ragazzi che poi furono miei vicini di casa Lucia e Carmelo Villa. . Si arruolavano per avere il vitto e per mandare a casa la misera deca. Il papà di Lucia e Carmelo La moglie, la signora fofò come noi la chiamavano, dopo innumerevoli anni di attesa ne ebbe una miserrima pensioncina di guerra.
Il nome Guadalajara l'ho sentito pronunziare da mio padre nei diversi ripetuti racconti come mi fece della sua avventura spagnola. Mi diceva che era il luogo di una terribile battaglia svol

tasi nel marzo del 1937 dove si fronteggiavano italiani della Brigata Garibaldi che stavano con la Repubblica e fascisti inviati da Mussolini in numero enorme appunto sfruttando la miseria che imperversava in Italia. Mi raccontava papà ripetendo parola per parola gli appelli che con altoparlanti i compagni della Brigata Garibaldi facevano ai CTV. Purtroppo non ricordo tutto il testo dell'emozionante invito che papà mi ripeteva.. Ricordo che cominciava con le parole: fratelli italiani". L'appello spiegava le ragioni della difesa della repubblica e invitava a disertare ed ad unirsi ai combattenti per la repubblica democratica difesa dai comunisti, dai socialisti e dagli anarchici. Credo che mio padre finì con il disertare e passare dall'altra parte e che poi abbia subito un processo che lo condusse alle carceri militari di Gaeta. Ma questa parte della storia non mi è molto chiara.
Pensando alla guerra di Spagna mi viene da pensare alla guerra contro la Libia e la Siria. N iente cambia sotto la volta del cielo. il capitalismo non accetta che uno Stato possa sfuggire al suo controllo e dirigersi verso una economia di libertà. L'Europa ha nella sua fedina penale l'aggressione e la morte della Repubblica Spagnola. Poi della Jugoslavia. Ora ha aggiunto la morte della Libia e forse anche della Siria e la disgregazione della Somalia. La "democrazia" va bene soltanto se vince la destra economica e sociale. Se vince la sinistra si ricorre al golpe o all'avvelenamento dei pozzi per uccidere quello che non si vuole vedere prosperare.

 

Pino Palumbo

Segretario della Camera del Lavoro di Agrigento fu Pino Palumbo un operai pastaio della Piedigrotta di Casteltermini. Era un uomo forte vigoroso, rusciano con una grande faccia rosea sormontata da una testa stempiata. Era un comunista che aborriva tutte le durezze del comunismo e della disciplina "rivoluzionaria". Un uomo pacifico che amava la buona tavola e la bella compagnia. Disponibile ed aperto era persona profondamente onesta. Non era settario. Aveva l'umiltà di riconoscere la superiorità culturale di tanti suoi collaboratori. Guidava la CCDL di Agrigento con sagacia e non mandò mai i lavoratori allo sbaraglio pur condividendone a volte le lotte più estreme. Apparteneva ad una generazione di compagni che il movimento delle lotte aveva promosso e portato in cima all'organizzazione. Molti di loro erano stati in galera. Ricordo che assieme a lui ed ad Antonio Ritacco passai una notte insonne a Canicattì nella stanza di uno squallido albergo in attesa che facesse l'alba . Dovevamo dirigere il primo sciopero generale dei braccianti agricoli (che poi era lo sciopero dei poveri della città) dopo i noti fatti della strage del dicembre del 1947. Appena cominciò ad albeggiare ci recammo alla Camera del Lavoro dove trovammo già riuniti una cinquantina di braccianti infreddoliti e spaventati. Quando iniziammo il corteo verso le sette eravamo almeno in duecento e mano a mano che il corteo attraversava i quartieri poveri della città si ingrossava. Diventammo qualche migliaio. Avevamo recuperato la città ed i lavoratori alla libertà della lotta. All'altezza di Borgalino proprio davanti la casa di colei che dieci anni dopo sarebbe diventata mia moglie i carabinieri ci caricarono e ci fu un parapiglia. Non dimenticherò mai la scena di un povero scheletrico bracciante vestito di stracci che difendeva la bandiera rossa dal maresciallo dei carabinieri enorme e paonazzo che voleva a qualsiasi costo strappagliela. Palumbo era con me nel cuore dello scontro. A Canicattì nasceva da quel giorno di lotta un dirigente bravo e generoso come Saccaro a cui oggi è intestata la Camera del lavoro. Era il 1952 ed io ero presente come dirigente dei giovani socialisti agrigentini. Anni dopo sarei diventato anche io sindacalista della CGIL.

 

Taratatà

Il Partito mi mandò a comiziare a Casteltermini non ricordo più in occasione di quali elezioni ma forse di quelle regionali siciliane del 55. Andai a Casteltermini in treno e vi giunsi mentre stava parlando nella piazza principale del Paese difronte alla Chiesa Madre l'On.le Giuseppe Montalbano del PCI ,insigne giurista e vice presidente della Ars. I compagni di Casteltermini in grandissima parte minatori lo avevano accolto con molto rispetto. Il palco dal quale parlava era stato tutto adornato di fiori. Senonchè Montalbano era afflitto da balbuzie ed inoltre leggeva il discorso che si era preparato. Un discorso importante ma noiosissimo ed adatto ad un pubblico ed una occasione diversa da quella di un comizio elettorale. Il risultato fu di insoddisfazione e di disagio. I compagni si informarono chi dovesse parlare dopo Montalbano e qualcuno mi indicò a loro. Avevo l'aspetto di un giovane assai magro e sembrai a loro bisognoso di ess
ere rimesso in forze subito, prima del comizio. Nonostante le mie proteste due di loro mi condussero in una osteria ed ordinarono per me una grossa bistecca al sangue ed un bicchiere di vino rosso. Protestai ma non sentirono ragioni. Mi fecero mangiare e bere tutto. Divenni un pochino brillo non essendo abituato a bere. Poi mi riaccompagnarono sotto il palco dal quale Montalbano continuava a parlare e mi dissero. Quando parli guai a te se "chicchii" (balbetti) come questo e guai a te se leggi. Salii sul palco con la testa leggera. Non ricordo assolutamente nulla di quello che dissi. Però percepii un crescente consenso ed applausi che si scatenavano uno dietro l'altro. Per fortuna non mi scappò di dire niente di compromettente perchè in piazza c'era il maresciallo che ascoltava il comizio per farne poi relazione scritta (facevano così allora). Insomma il comizio fu un successo ed io che ero signor nessuno avevo rincuorato i compagni comunisti e socialisti castelterminesi delusi da uno dei più importanti dirigenti della sinistra siciliana. Era uno dei giorni della Festa del Taratatà e ricordo la enorme folla che dal portone della Chiesa si era rovesciata in piazza accanto a quella che c'era per i comizi. Dopo il comizio abbiamo improvvisato un corteo e siamo andato in Sezione (penso fosse quella comunista) dove io, socialista, continuai ad essere elogiato. La sera ritornai ad Agrigento sempre in treno.

 

 Metanodotto Italia-Algeria

Oggi sono un modesto pensionato dell'Inps in ansia per le tasse e per le bollette che decurtano il piccolo assegno con il quale vivo eppure sono stato uno dei creatori del metanodotto che da trent'anni rifornisce l'Italia di gas proveniente dall'Algeria e che per un lungo periodo di tempo ha assicurato la pace nel Mediterraneo e la prosperità e la sicurezza energetica del nostro Paese e della stessa Algeria.
Facevo parte del Consiglio di Amministrazione dell'Ente Minerario Siciliano presieduto prima dall'Ing.Sarti dell'Eni e poi da Graziano Verzotto un geniale uomo politico dc ed imprenditore pubblico che aveva in testa un programma serio di industrializzazione della Sicilia forse l'unico programma non colonialista che la Sicilia abbia mai avuto. La Sicilia è stata colonizzata da industrie inquinanti. Abbiamo subito la devastante presenza dell'Eni a Gela e della Montedison a Siracusa e delle raffinerie che hanno fatto crepare di cancro migliaia di persone nel silenzio dei siciliani simile a quello dei tarantini di oggi che vogliono l'ILVA anche così com'è.
Il prof.Rocca e Paolino Angrisani membri del consiglio di amministrazione dell'Ems presentarono a Verzotto un progetto di metanodotto Algeria-Italia basato sullo attraverso sottomarino dello Stretto di Sicilia, una idea allora di rara audacia perchè mai nel mondo si era tentato una impresa del genere.
L'Eni infatti proponeva il sistema dei gasificatori e degasificatori collocati in Africa ed in Sicilia ed una flotta di navi metaniere che avrebbero trasportato il gas reso liquido.
Contro la volontà dei "poteri forti" contattammo la Sonatrack che era la corrispondente dell'Eni per la l'Algeria. Ricordo con commozione la visita dei dirigenti della Sonatrack all'Ente Minerario Siciliano. Erano dei ragazzi poco più che ventenni che avevano in mano una risorsa fondamentale come il metano. Facemmo accordi con la Sonatrack e fondammo assieme a loro una società che si chiamò Sonems e che presiedette a tutta l'operazione che ci accingevano a fare.
Per 500 milioni di lire di allora (una somma enorme negli anni sessanta) incaricammo la Bectel società specializzata nella posa di tubi nelle profondità del mare di prepararci un progetto di fattibilità. Progetto che fu fatto in sei mesi con risultati estremamente incoraggianti e positivi. L'Eni ci voleva comprare il progetto per 5 miliardi di lire ma noi tenemmo duro.
Lascio immaginare lo stress che subimmo da quel momento in poi. Credo che i servizi segreti e le compagnie petrolifere del mondo si fossero tutti mobilitati per farci la radiografia ed esplorare profondamente la personalità e la vita di ognuno dei folli consiglieri dell'Ems che avevano usato sfidare i potenti.
Il metanodotto fu fatto. Verzotto pagò con una denunzia basata sul fatto che aveva depositato dieci miliardi di lire dell'Ems nella Banca Privata. Un versamento sollecitato dalla segreteria amministrativa della DC a tutti i presidente DC degli enti economici italiani. Ma Verzotto fu costretto a scappare in Libano per non finire in prigione.
Quando si inaugurò il metanodotto a Mazara del Vallo non era prevista la presenza del Presidente dell'Ems al tavolo della presidenza. Solo managers dell'Eni! Paolino Angrisani ebbe guai grossi e per anni non fece altro che andare e venire dai tribunali. Il prof.Rocca è morto a Roma di crepacuore. Io sono stato risparmiato probabilmente perchè ritenuto un pesciolino troppo piccolo e troppo poco importante. Eppure senza l'apporto della CGIL che io rappresentavo nell'EMS difficilmente si sarebbe potuto andare avanti controcorrente.
Nei verbali della Sonems che conservo c'è lo schema di tracciato del metanodotto disegnato così come è stato poi realizzato dieci anni dopo.
La Sicilia non ha da allora mai più avuto un programma serio di sviluppo economico.

 

Azzo Toni

Nel 1953 la Direzione del PSI commissariò la Federazione di Agrigento. . Persona di spicco del partito agrigentino era l'On.le Giosuè Fiorentino di Palma di Montechiaro che era stato sottosegretario di Stato nel governo De Gasperi. Fiorentino era stato accusato da Michele Pantaleone di accettare voti dalla mafia. Cosa che successivamente fu smentita dallo stesso Pantaleone che chiese scusa ma che tuttavia aveva allarmato la Direzione. Salvatore Lauricella e Filippo Lentini non erano ancora importanti come sarebbero diventati dopo.
Azzo Toni era un vigoroso settantenne elegantemente vestito e pettinato con una scrima che tagliava in due i capelli argentei. Era un fiero antifascista licenziato dalle Ferrovie dello Stato per ordine di Mussolini. Era stato membro del CLN di Genova e trattò in quanto tale la resa dei tedeschi (ho trovato per caso in internet un raro documento con la sua foto e quella degli altri membri del CLN). Completamente estraneo alla realtà agrigentina aveva tuttavia portato nel Partito una ventata di buona cultura. Aveva una memoria prodigiosa. Ricordava tutti gli spartiacque (sic) d'Italia che si facevano imparare nelle scuole medie di un tempo e recitava lunghi brani del Cirano di Bergerac ( cos'è un bacio? Un apostrofo etcc...). Fu Commissario per quasi tre anni. Il Partito agrigentino fu ingrato e duro con lui. Non fu tra i delegati al Congresso di Venezia. La Federazione di Agrigento delegò cinque autonomisti tre nenniani e due lombardiani. Nessuno della sinistra alla quale apparteneva Azzo Toni e che tuttavia a Venezia avrebbe preso la maggioranza del Comitato Centrale mettendo Pietro Nenni in minoranza e quasi spingendolo alle dimissioni. TRa i due lombardiani uno ero io. Ero stato eletto dopo una durissima competizione sopratutto per merito della sezione giovanile di Favara capeggiata dal mio grande amico Calogero Lombardo che minacciò la Sezione di non votare Lauricella se non avessero votato anche per me. Avevo venti anni ed ero uno dei pià giovani delegati al Congresso di Venezia. Come ho già detto Azzo Toni fu del tutto ignorato.
Ho un ricordo straordinario del Congresso dominato da una fascinosa relazione di Pietro Nenni. Parlò per circa tre ore che volarono. Pietro Nenni era molto diligente e le sue relazioni erano tutte scritte. Avendo problemi di vista erano scritte a caratteri molti grossi. Altro oratore eccezionale era Riccardo Lombardi ingegnere originario di Regalbuto, antifascista, Prefetto di Milano, autore del progetto di nazionalizzazione dell'industria elettrica che avrebbe realizzato il primo governo di centro-sinistra. Lombardi parlava senza appunti ma la concatenazione logica delle sue argomentazioni era ferrea scintillante e trascinatrice. Il Congresso di Venezia aggiornava la linea del Partito dopo i fatti di Ungheria. Ci fu il primo strappo con i comunisti e si gettarono le basi dell'incontro con la DC. Nenni vinse politicamente il Congresso ma perse il controllo del Partito. La maggioranza del CC era vecchiettiana. Lauricella che era segretario della federazione non fu eletto nel CC e tornò a casa assai contrariato.
Venezia mi deprimeva. Erano giornate invernali con l'acqua della laguna scura. La città mi sembrava irreale, una specie di teatro disabitato di tanto in tanto invaso dai turisti. Era carissima. Sono eretico se dico che Venezia non mi è piaciuta?

 


 Italia 61


Era l'opposizione alla politica di centro-sinistra del PSI che aveva conquistato la maggioranza dei militanti del Partito stanchi di stare fuori dal governo e che anelava ed in certi casi sbavava per entrare in quella che Pietro Nenni aveva definito "la stanza dei bottoni". Il gruppo era composto da me, Luigi Granata, Peppe Grado, Nino Calamo, Bino Di Betta ed altri compagni. Eravamo gli autori assieme all'Avv.to Campo della DC del primo centro-sinistra d'Italia che ritenevano giusto e di sinistra perchè lo avevamo trattato con la sinistra della dc mentre siamo insorti contro gli accordi per il primo governo di centro-sinistra regionale perchè fatto con i dorotei della DC. Quanto eravamo innocenti ! Mandammo una richiesta di essere sentiti alla Direzione del PSI. Sostenuti dall'affettuosa amicizia di Simone Gatto, luminosissima figura di socialista e di medico e accompagnati da Riccardo Lombardi fummo ricevuti in una torrida giornata di luglio io, Luigi Granata e Nino Calamo da Pietro Nenni. Eravamo emozionatissimi. Spiegammo i motivi della nostra protesta. Nenni mostrò simpatia ma ci disse che il governo siciliano era una spinta per una svolta nazionale e che se non si erano rispettate le procedure democratiche dentro il Partito è perchè non c'era stato tempo (sic)! Ci chiese se pensavamo di uscire dalla corrente autonomista. Una cosa che non ci era mai passata per la testa! Rassicurato dalla nostra risposta ci fece un bel sorriso e ci congedò. Restammo un pochino mortificati perchè ci aspettavano una conversazione più approfondita.
Tornati ad Agrigento trovammo i socialisti raccolti numerosissimi nel Teatro Pirandello attorno a Lauricella Filippo Lentini ed altri capi governativisti. Quando entrammo nel teatro a momenti ci linciavano! Volevamo guastare con le nostre fisime ideologiche la festa dell'ingresso al Governo dopo anni di penitenziale astinenza! Andavamo controcorrente e contro la storia! Fummo isolati ma nonostante questo alle elezioni provinciali piazzammo due nostri compagni su cinque. Allora le elezioni provinciali venivano fatte dai consiglieri comunali. Noi eleggemmo Bino Di Betta che era direttore dell'Esattoria a Porto Empedocle e poi a Ribera e Giuseppe Grado che dopo sarebbe diventato stimato amministratore della Provincia stessa per la sua onestà proverbiale. Non solo questo ma recuperammo anche la elezione di Fausto D'Alessandro a consigliere comunale di Agrigento a causa della elezione di Ciccio Pirrone che era risultato il terzo eletto dopo me e Luigi Granata tra nostri grandi sospetti di brogli e di appattamenti con il sindaco Di Giovanna.
Il gruppo Italia 61 in seguito subi una evoluzione. Luigi Granata assai stimato da Salvatore Lauricella cominciò la sua ascesa politica e sarebbe diventato deputato regionale e poi assessore e presidente commissione antimafia. Io sarei finito a Palermo chiamato da Ugo Minichini e Pio La Torre alla segreteria regionale della CGIL, Nino Calamo (che era stato deputato nazionale) sarebbe diventato segretario della camera del lavoro di Agrigento al posto mio.

 

Beppe Grado Quando arrivai alla Camera del Lavoro di Agrigento vi trovai un altro socialista: si chiamava Beppe Grado e sarebbe diventato una persona assai importante per me. Avremmo condiviso le battaglie dei lavoratori ma anche quelle dentro il Partito essendo entrambi autonomisti lombardiani in pratica della sinistra del Partito non vecchettiana. Beppe Grado fu il mio educatore. Il suo principio basilare era: diritti e doveri. I lavoratori hanno diritti ma hanno il dovere di essere coscienziosi attenti e debbono fare quanto loro stessi sanno di dover fare. Era un riformista vero ma non nel senso che si da oggi al termine che è aberrante. Il suo riformismo era la crescita di diritti e di potere dei lavoratori con il metodo non violento della contrattazione e della accumulazione di sapere e di esperienza. I lavoratori si debbono guadagnare il loro salario e debbono migliorare sempre se stessi. Beppe Grado era una forza della natura. Era un uomo scuro di carnagione massiccio forte. Aveva folte sopracciglia nerissime e la testa assai stempiata. Una volta, durante il terribile sciopero dei lavoratori della Montecatini di Porto Empedocle,mi sono trovato in difficoltà. Ero circondato da poliziotti capeggiati da un commissario che evidentemente aveva in progetto di arrestarmi. Beppe Grado superò la barriera dei poliziotti e si venne a mettere tra me ed il Commissario che quasi mi infilzava le dita negli occhi. Riuscì a farmi uscire indenne e libero dalla stretta in cui ero. Con lui che era consegretario dei braccianti (i socialisti non potevamo che essere soltanto consegretari e difficilmente o mai segretari) organizzammo la marcia Palma di Montechiaro-Agrigento dei braccianti contro l'abolizione della presuntività delle giornate lavorative negli elenchi anagrafici,. Si unirono a noi due eminenti personalità della DC gli onorevoli Rubino e Trincanato persone che ricordo sempre con stima perchè erano davvero dalla parte della giustizia sociale. Beppe Grado era di San Biagio Platani, un paesino distante alcuni chilometri da Casteltermini che a me sembrava tetro. Una sera dopo un giro di riunioni abbiamo fatto tardi e siamo finiti a casa sua. Non dimenticherò mai quanto ho gradito la frittata di patate ed uova che ci preparò la moglie di Beppe. C'era il buon odore delle patate fritte e delle uova prese fresche fresche nel retro della casa. Una frittata di patate ed uova era un pasto sostanzioso che non potevamo permetterci tutti i giorni.

 Giovanni Taibi

Nel PSI ci sono sempre stati tipografi, ferrovieri, maestri di scuola, contadini..... Giovanni Taibi era un artigiano tipografo. Aveva la tipografia consistente in una stanza a pianterreno di tre o quattro metri quadrati che prendeva aria e luce dalla porta in Via Porcello una strada che sovrasta via Atenea dalle parti di Porta di Ponte. La piccola rotativa era collocata al centro della stanza.
Dall'altro lato di via Atenea c'era nel 55 la Federazione Socialista che di sera veniva frequentata dai compagni.
Al ritorno da Perugia, ritorno un poco ritardato dalla mia involontaria deviazione a Caserta, riferii ai compagni sul Convegno ed anche la mia meraviglia per avere sentito dire a Rodolfo Morandi questa frase. "disponiamo noi oggi di esperienze capaci di modificare le latitudini dottrinarie del socialismo". Non capivo che cosa volesse dire con le latitudini. Perché modificarle? Non siamo forse marxisti? Avevo 19 anni e non ero affatto disposto a mettere in discussione le cose nelle quali credevo. Ero anche molto settario ed assai chiuso ideologicamente.
Nessuno dei compagni ai quali mi rivolsi per avere lumi sulle latitudini di Morandi seppe darmi una risposta convincente. Io continuavo a chiedere. Una sera, Giovanni Taibi mi disse con fare misterioso: Pietro viene fuori che ti debbo parlare. Mi portò nel vicolo accanto e mi disse: io lo so cosa voleva dire Rodolfo Morandi.... Voleva dire che dobbiamo tornare ad essere autonomi dai comunisti... Rimasi assai turbato da questa spiegazione anche perché a quel tempo la parola "autonomia" era parola "signaliata" molto molto criminalizzata. C'era di mezzo l'unità della classe operaia e l'idea che ci avevano inculcato secondo la quale i socialisti eravamo il reparto degli alleati alla classe operaia, il partito che raccoglieva l'artigianato i contadini etc....
Restai assai confuso.
L'anno successivo ci sarebbe stato il ventesimo Congresso del PCUS e poi il Congresso di Venezia del PSI. Io seguii la corrente autonomista del Partito fino alla sconfitta di Riccardo Lombardi. In effetti il PSI autonomo riuscì a dare all'Italia una stagione di riforme di strutture. Riforme che poi sarebbero state restituite da un altra famiglia di centro-sinistra quella dei D'Alema Veltroni. Lo Statuto dei diritti dei lavoratori fu figlio della stagione 63/70 del centro.-sinistra e tante altre cose come la scuola media unificata, il divorzio, la riforma sanitaria, i diritti sindacali.
Ora sono tutte macerie avvelenate dalla grande degenerazione che hanno subito prima il PCI e poi il PSI.

 

 La sigaretta di Campobello di Licata

Azzo Toni volle che mi occupassi della organizzazione dei giovani socialisti. Erano i ragazzi da 14 a 21 anni (allora era questa l'età legale) che si iscrivevano al PSI come membri aderenti. Questa definizione era dovuta al fatto che la FGS si era scissa dal Partito assieme a Saragat nel 1947 e da allora il Partito non si era deciso a ricostituirla. Dovevamo accontentarci di esserne membri non effettivi. Mah! Responsabile nazionale del movimento era un giovane veneziano di grande fascino Emo Egoli (che poi è stato per tantissimi anni presidente della associazione italo-araba). Lo collaboravano Vincenzo Balzamo che era anche il Direttore del giornale "La Conquista" salernitano un compagno che decenni dopo sarebbe stato coinvolto nelle vicende che portarono alla fine di Craxi Erasmo Boiardi ed un emiliano verace che si chiamava Lionello Pellicani che si occupava dell'organizzazione e che venne ad Agrigento durante un periodo elettorale. Mi dedicai furiosamente alla costruzione dei circoli giovanili nella provincia che girai in lungo ed in largo naturalmente sempre con mezzi pubblici treno o autobus. Ricordo che per andare da Ravanusa a Campobello di Licata si prendeva alla stazione una pittoresca carrozza nera dalle ruote enormi e dai finimenti e copertura che cadevano a pezzi. Il povero vecchio cavallo si faceva i sei o sette chilometri che separavano le due cittadine.
Ricordo che a Campobello di Licata feci una affollata assemblea di tesseramento aiutato da Angelo che sarebbe diventato dirigente del circolo. Alla fine al momento dell'acquisto delle tessere un ragazzo mise sul tavolo una sigaretta dicendo che poteva pagare la tessera con quella. Era un ragazzo molto serio ed anche molto molto povero. Quella era la sua sola ed unica sigaretta (allora si compravano sfuse)
Angelo mi invito a pranzo a casa sua. Era una famiglia numerosa riunita a tavola. Il pranzo consisteva in un piatto di maccheroni al sugo di carne. La carne era un solo pezzo di maiale. Non dimenticherò mai le manovre che fecero per fare finire quell'unico pezzo di carne sul mio piatto.
Riuscii a fare una organizzazione di oltre 1000 iscritti che da sola era più della metà di tutti gli iscritti in Sicilia. Fui premiato dalla "Conquista" con la bandiera d'onore e ricevetti in forma solenne l'incarico di presiedere il VI Convegno Nazionale che poi si svolse a Perugia nel giugno del 1955.
Mentre presiedevo emozionatissimo ( Egoli mi aveva imbottito di tranquillanti ma non erano serviti a niente) entrò nella sala dei Notari la mamma di Salvatore Carnevale. Il Congresso si alzò in piedi ad applaudire commosso. Erano presenti Rodolfo Morandi (che sarebbe morto venti giorni dopo) FRancesco De Martino e Pietro Nenni. Fu la più bella ed entusiasmante esperienza della mia vita. Credo che le esperienze più belle sono quelle che si fanno quando si è ancora molto giovani ed il mondo ci sembra tutto a portata di mano. La sera il congresso sciamava in tutta Perugia ed era eccitante conoscere tante ragazzi e ragazze di tante città d'Italia. Ebbi modo anche di ascoltare un comizio di Pietro Nenni fatto dalla Loggia dei Notari. Al ritorno a casa mi addormentai sul treno. Ero su un vagone che andava a Caserta e vi finii. Ebbi comunque modo di vedere la Reggia dal finestrino del treno.

 Ugo Minichini

Nel 1962 si svolse al ridotto del teatro Politeama di Palermo il III Congresso regionale della CGIL. Ugo Minichini, segretario regionale aggiunto e capo della componente socialista della Cgil siciliana, la grande prestigiosa componente unitaria esistente prima della scissione del PSI, venne ad Agrigento per chiedermi di accettare di entrare nella segreteria regionale della CGIL. Io lo ringraziai ma non accettai l'invito. Non ero preparato a trasferirmi a Palermo. Prima di tutto ero quasi spaventato dall'incarico che mi veniva proposto al quale non mi consideravo idoneo e avevo anche  ragioni personali. Con il modesto contributo che mi passava la CdL di Agrigento aiutavo la mia numerosa famiglia di cui ero il primogenito. Si sa che i primogeniti spesso abbiamo il destino di aiutare la famiglia nella quale siamo nati. Ugo Minichini non si fece scoraggiare e, per facilitarmi la cosa, mi fece nominare consigliere di amministrazione dell'Ente Minerario Siciliano, ente nel quale dovevo rimanere fino al 1975. In più fece assumere mio fratello Fortunato in un Ente ..
Ugo Minichini era fraterno amico di Pio La Torre allora numero uno della CGIL siciliana che mi voleva anche lui a Palermo. Io avrei dovuto assumere il ruolo di secondo segretario socialista della CGIL. In tutto la segreteria era fatta di cinque persone.
Al Congresso regionale della CGIL partecipai come delegato della CDL di Agrigento. Fui eletto nella segreteria regionale. Il PSI siciliano non appoggiava la mia candidatura e proponeva il compagno Anselmo Guarraci che poi, nel tempo, sarebbe stato segretario regionale del Partito e deputato europeo nonché capo della corrente di sinistra del psi. Anselmo era sostenuto dalla forte federazione socialista di Palermo che fece un forte pressing sul Congresso della CGIL. Ma i socialisti della CGIL capeggiati da Ugo Minichini e sostenuti all'esterno da Pio La Torre non cedettero e mi imposero. Fui eletto contro la mia volontà e contro la volontà del Partito come candidato interno della CGIL e rappresentante di interessi unitari della stessa. Non mi trasferii a Palermo e continuai a fare il sindacalista ad Agrigento fino al gennaio del 1964 anno in cui Giacomo Brodolini mi mandò a chiamare a Roma e mi ingiunse di raggiungere Palermo. Io ero autonomista. Si preparava la scissione di tutta la componente sindacale della CGIL che se ne sarebbe andata a fondare il PSIUP ed il partito temeva di restare senza alcuna rappresentanza nella CGIL. Non mi restava che obbedire e trasferirmi a Palermo. Il 12 gennaio 1964 si realizzava la scissione della corrente di sinistra del Partito ed io mi sono trovato sostanzialmente solo a rappresentare il Partito nella CGIL. La potente componente sindacale era tutta con Ugo Minichini in testa nel nuovo Partito.
Ugo Minichini è stato un dirigente che ha fatto la CGIL siciliana assieme a Pio La Torre e poi a Feliciano Rossitto. Era originario di Genova ed il Partito lo aveva mandato in Sicilia appunto per assumere quel prestigioso incarico. Era un grande creatore di nuove realtà organizzative ed assai stimato nella opinione pubblica siciliana. Era persona profondamente disinteressata. Se sono diventato dirigente della CGIL siciliana lo debbo a lui ed a Pio la Torre che, molti anni dopo da segretario regionale del PCI, nel 1979 mi volle come segretario generale pur essendo i socialisti minoranza nella CGIL. Il tandem La Torre Minichini credo sia stato trai i migliori che la CGIL potesse avere in quegli anni difficili nei quali i lavoratori non avevano ancora niente. C'erano le gabbie salariali e non c'era ancora lo Statuto dei Diritti che sarebbe venuto nel 70. Ora siamo tornati a stare peggio di allora in quanto a diritti e condizione economica. Negli ultimi venti anni la CGIL ha restituito tutto al padronato italiano. Oggi nelle fabbriche e negli uffici il terrore di perdere il posto di lavoro si taglia con il coltello. La condizione dei lavoratori e delle lavoratrici è diventata umiliante. Dappertutto ma specialmente nella scuola ridotta da varie "riforme" ad un inferno per gli insegnanti che erano stati il perno di un grande processo di democratizzazione che ebbe un punto essenziale nei decreti delegati. Oggi agli insegnanti hanno reso l'insegnamento un supplizio che debbono subire in stato di permanente incertezza per il futuro immediato. La CGIL di oggi ha fatto ben poco per salvarli e salvare con loro la scuola ed abbiamo un presidente del Consiglio che appoggia apertamente la scuola privata contro la Costituzione con il consenso del Pc che era stato uno dei sostenitori dei decreti delegati e della nuova scuola italiana. La condizione penosa degli insegnanti è parte di una enorme sconfitta che la classe lavoratrice italiana ha subito sopratutto a causa del cedimento del suo partito e del suo sindacato alla ideologia liberista.

commenti:

Pippo Oddo

Uomo poliedrico, intellettuale fantasioso e brillante, Ugo Minichini era un italiano che conosceva il nostro paese che pochi altri della sua generazione. Nato a La Spezia, aveva antiche radici napoletane. Come dirigente della Cgil a Genova

fu per qualche tempo il vice di Agostino Novella. Chiamato a dirigere la Camera del lavoro di Piombino, Ugo divenne uno dei più apprezzati leader della Confederazione unitaria. In Sicilia diresse la Cgil regionale come vice di Pio La Torre. I due erano diversi per carattere e formazione culturale ma si integravano perfettamente. Pio lo chiamava affettuosamente "Ugazzo" e lui lo ricambiava con scherzi feroci come quello che gli combinò in un congresso nazionale della Cgil facendolo intervistare da un celebre giornalista tedesco, che in realtà era un delegato di Bolzano. Ma Ugo è stato anche colui che costruì l'Ecap e un convinto assertore dell'impegno contro il narcotraffico che lo portò a trasferirsi ad Amelia, in Umbria, dove collaborò attivamente con don Germini. Ricordo che nel 1988 da Amelia venne su mio invito a Roma dove si stava presentando un mio libro nella sede della Federbraccianti di via Boncompagni, 19.

 

 Un anno molto difficile

 Nel gennaio del 64 mi trasferii a Palermo. Fui accolto da Minichini e Rossitto con amicizia. Mi incoraggiarono e mi aiutarono ad insediarmi. Dopo un paio di settimane dal mio arrivo avvenne la scissione del Psiup che si portò via tutti i quadri permanenti del Partito, i cosidetti "funzionari" che erano stati creati con molti sacrifici secondo uno schema morandiano del Partito. La scissione mi era stata preannunziata dal compagno Mario Didò vice segretario della CGIL durante una cena a Porto Empedocle nel dicembre del 63. Didò era della sinistra ma fu contro la scissione e restò nel Partito. Avevo quindi un punto di riferimento organizzativo a Roma al quale appoggiarmi nella opera di ricostruzione della corrente socialista. I socialisti della CGIL eravamo diventati la terza corrente come numero di componenti degli organismi dirigenti ed eravamo quasi azzerati come funzionari. Io non riconobbi mai la condizione di terza componente anche se ero quasi desolatamente solo e gli organismi erano fatti quasi tutti da comunisti e psiuppini. Mi misi dunque all'opera per cercare di ricostituire subito la corrente. I comunisti non mi ostacolarono. Avevano la direttiva di favorire la ricostituzione della componente. La CGIL era guidata dal saggio Agostino Novella ed il prestigioso Fernando Santi lombardiano continuava a collaborare con lui nella guida della CGIL. Dopo qualche mese che ero Palermo nel partito guidato da De Martino maturò una linea diversa e nuova, la linea del sindacato socialista. C'era già l'UIL che era diretta da Viglianesi socialdemocratico. L'idea era di fare dell'UIL un grande sindacato socialista, ma quesra idea urtava contro la natura profondamente unitaria della CGIL alla quale i socialisti erano radicati ed anche contro gli interessi del gruppo dirigente dell'UIL che non voleva nuovi galli nel suo pollaio. Tuttavia il Partito lavorò a lungo su questa ipotesi. Riteneva di dover tutelare il governo di centro-sinistra da attacchi strumentali della CGIL. La Sicilia fu oggetto di attenzioni particolari perchè si sapeva che io ero contrario al sindacato socialista e non avrei mai fatto niente per la scissione. Venne tante volte a Palermo il compagno Enzo Bartocci, collaboratore di Brodolini per tentare di isolarmi dai socialisti della CGIL e realizzare il progetto di scissione. Anche la direzione regionale del Partito partecipò al pressing. . Il responsabile lavoro Enzo Agnello attaccava spesso dalle colonne del "Diario" i socialisti della CGIL per la loro acquiescenza ai comunisti ed attaccava naturalmente la linea della CGIl siciliana. In sei mesi Bartocci fece una diecina di riunioni senza successo ma non si arrendeva e continuava a pressare. La pressione si esercitava in modo ancora più virulento a livello nazionale. Ricordo una interminabile drammatica riunione del gruppo dirigente nazionale della CGIL all'ultimo piano della Direzione del PSI in via del Corso presieduta da Giacomo Brodolini. La tensione fu fortissima e verso le due di notte il compagno Silvano Verzelli vice segretario della CGIL nazionale ebbe un malore. Lo portammo all'Ospedale San Giacomo e per quella notte la cosa fini lì. Poi si trovò una soluzione diversa dalla scissione. Il compagno Fernando Santi sarebbe stato sostituito al Congresso di Bologna della CGIL da Giovanni Mosca un ruspante demartiniano milanese dal quale il Partito si sentiva garantito. Mosca fu insediato da Brodolini nel corso di una riunione congressuale della corrente socialista. I deputati della CGIL in Parlamento avrebbero votato a favore della programmazione economica diversamente dai comunisti e la CGIL avrebbe avuto un atteggiamento non pregiudiziale verso il governo. Fu così che con il sacrificio di Fernando Santi e per la saggezza di Agostino Novella la CGIL fu messa al riparo dalla scissione e non si fece il sindacato socialista. L'UIL non sarebbe mai stato sindacato socialista anche se costituito in grande parte appunto da socialisti

Commenti:

 Angelo Morello

Ho apprezzato sempre Pietro per l'obiettività con cui affronta le questioni sindacali e politiche. La sua analisi è veritiera. Egli svolse un ruolo di grande equilibrio e di unità all'interno della Cgil rafforzando in poco tempo la componen

te socialista e la Cgil con riconoscimenti che gli venivano da tutte le parti. In certi momenti la sua presenza e il suo impegno erano assolutamente indispensabili per superare momenti difficili all'interno della Cgil, ma anche nelle grandi lotte per le rivendicazioni dei lavoratori. Egli colmava con la sua azione molto equilibrata i vuoti e le contraddizioni della sinistra, in un periodo in cui il sindacato diventava protagonista della crescita del mezzogiorno e del paese. Per me e per tanti compagni è stato un punto di riferimento e di certezza, quella certezza che oggi manca.


 

 Feliciano Rossitto

Feliciano Rossitto era deputato comunista all'Ars quando Fernando Santi, il grande prestigioso segretario aggiunto della CGIL che guidava con saggezza  assieme ad Agostino Novella venne a proporcelo al Comitato Regionale della CGIL in sostituzione di Pio La Torre che tornava al PCI per un incarico nazionale che lo avrebbe trattenuto a Roma fino al suo fatale ritorno in Sicilia all'inizio degli anni ottanta. Era un comunista elitario con una visione illuministica della politica. Riteneva che la realtà si sarebbe potuta cambiare non solo con le lotte ed il movimento della società ma attraverso accordi tra illuminati dirigenti della politica e del potere industriale. Era amico di Rosario Nicoletti e di Nicola Capria segretari della DC e del PSI. Capria per un certo periodo di tempo vice presidente della Regione. Si trovò a gestire la lotta per l'abolizione delle zone salariali e questa la fece con la CGIL nelle piazze. Fu fondatore assieme a me ed altri 15 compagni del Direttivo della CGIL nazionale del Sindacato Scuola che fino allora era una componente chiamata "quarta mozione" del sindacato nazionale scuola. PCI e PSI erano contrari a farne un sindacato della CGIL. Tristano Codignola grande intellettuale del PSI era decisamente contrario. Riuscimmo a fare approvare dal Direttivo della CGIL (contraria la segreteria nazionale Scheda Trentin ed altri) una risoluzione che impegnava per la fondazione di un sindacato scuola che in effetti fu poi fondato e diede grandissime soddisfazioni ai compagni professori e non della scuola al movimento sindacale ed alla sinistra italiana.
Io e Feliciano Rossitto abbiamo dovuto combattere un'altra pesante battaglia dentro la CGIL per l'abolizione delle gabbie salariali. La questione delle gabbie era scoppiata nel Sud a Catania ed in Sardegna con scioperi molto forti. La CGIL riunì tutte le strutture meridionali al Maschio Angioino di Napoli dove per due giorni dibattemmo il tema. La CGIL Nazionale era contraria. Contrarissimi Rinaldo Scheda e Bruno Trentin uomini eminentissimi. Riuscimmo a metterli in minoranza ed avviare un movimento che si concluse con l'abolizione delle gabbie salariali. Certo eravamo favoriti dalla spinta ascensionale delle masse che sembrava irresistibile e anche dal PSI al governo che appoggiava apertamente questo genere di rivendicazioni catalogate sotto il titolo "modernizzazione democratica dell'Italia".
Feliciano fu anche protagonista della vicenda scaturita dai fatti di Avola. La polizia sparò ed uccise due braccianti ma l'emozione che scatenò nel paese quel terribile episodio portò alla riforma del collocamento e fece del caporalato un vero e proprio reato. (Ora il caporalato è gestito dalle agenzie interinali e quello della intermediazione mafiosa della mano d'opera straniera non viene neppure rilevato!!)
Fu anche importante protagonista della ricostruzione del Belice dopo il terribile terremoto. Affluirono in Sicilia anche per merito suo aiuti da tutta Italia e specialmente dall'Emilia Rossa.
Amministrava la CGIL con la parsimonia tipica dei ragusani. Avevo bisogno di una auto e mi vendette la vecchia seicento della CGIL per 250 mila lire. Una cifra notevole per me che ne guadagnavo meno di un terzo al mese! La seicento era priva della spalliera del sedile di guida e Giuseppina per qualche tempo la guidò reggendosi con il volante da Palermo a Mezzojuso dove insegnava e dove si recava tutti i giorni a spese sue!

 

 Carlo Doglio

Carlo Doglio era un professore universitario bolognese venuto in Sicilia per dedicarsi a studi di urbanistica. L'Urbanistica era nel 64 materia quasi sconosciuta. Carlo D'Oglio assieme a Leonardo Urbani dopo lunghi studi fecero un piano generale di urbanizzazione della Sicilia che fu una delle primissime proposte presentate agli studiosi ed alle forze politiche. Era una persona di una certà;  si legò di grande amicizia con Salvatore Bonadonna da Partinico con il quale aveva interminabili discussioni. Era seguace di Gandhi ed assertore della non violenza ed assai curioso della esperienza di Danilo Dolci. Danilo Dolci aveva portato la Sicilia alla ribalta internazionale mobilitando tutti i suoi legami culturali con la cultura radicalliberale europea specialmente nord europea.  Carlo Doglio aveva trovato casa a Bagheria e quando una volta andai a trovarlo fui colpito dalla singolarità dell'arredamento. Pietre di arenaria e tavole reggevano la libreria ed il resto della stanza era realizzato con materiali grezzi. Esercitava un grandissimo fascino e fu per un certo periodo di tempo nel centro studi della CGIL siciliana. A quel tempo Giacinto Militello era segretario della Federbraccianti siciliana. Salvatore Bonadonna ha fatto una brillante carriera sindacale e politica. Trapiantatosi a Roma riuscì a farsi apprezzare voler bene ed anche seguire dai compagni della sinistra socialista. E' stato consigliere regionale del Lazio e poi Senatore. Lo sarebbe ancora se l'accordo dei malvagi (Berlusconi-Veltroni) e la delusione dell'elettorato per il governo Prodi non avessero ridotto PRC sotto il 4 per cento.

 

Prima dell'infarto

La settimana prima che avessi l'infarto a Catania era stata una delle più agitate della mia vita. Si era riunita a Roma nel salone sotterraneo di Via dei Frentani il Direttivo Unitario Cgil Cisl ed Uil. Credo sia stata l'ultima riunione di questo organismo che aveva scandito il cammino dell'unità sindacale. Carniti e Benvenuto che dirigevano la Cisl e l'Uil non concordavano con la CGIL sulle posizioni da assumere per il decreto di San Valentino con il quale Craxi tagliò quattro punti di contingenza.Con il senno di poi credo che la misura di Craxi fu eccessivamente drammatizzata. Si disse che Craxi aveva abolito per decreto la scala mobile. Non era così. Si era limitato a tagliare quattro punti non intaccandone il meccanismo di funzionamento e lasciando i 42 punti preced entemente scattati. Ma allora la misura di Craxi la prima che un Governo assumeva in contrasto con i sindacati destò grandissimo allarme sociale. La riunione del Direttivo Unitario fu tempestosa. La componente socialista della CGIL era in grandissimo disagio. Come l'asino di Buridano non sapeva cosa fare se andare avanti o indietro, se unirsi a Cisl e Uil e stare con il Partito o stare con la componente comunista della CGIL. Il 23 marzo a Roma la componente comunista della CGIL ed il PCI avrebbero tenuto una manifestazione con oltre un milione di partecipanti. Una situazione lacerante. La CGIL decise di fare una grande consultazione dei suoi organismi dirigenti. Da Roma volai a Siracusa dove era riunito il Direttivo. Poi feci due assemblee di fabbrica all'Enel e nella tarda mattinata raggiunsi Catania dove il pomeriggio avrei avuto l'incidente arterioso. Nei giorni precedenti la corrente socialista si era riunita a Milano per ascoltare una relazione di Ottaviano Del Turco sulla situazione difficilissima in cui ci trovavamo. Discutemmo a lungo la situazione. C'era chi proponeva che in caso di vittoria dei comunisti al referendum la corrente doveva scindersi dalla CGIL. Altri eravamo di parere opposto. Mai eravamo stati tanto turbati come allora. I comunisti non vinsero il referendum sulla scala mobile e la CGIL fu salva. Ma dalla loro sconfitta in quel referendum cominciò a disfarsi la tela dei diritti e mai più si sarebbe ritessuta, mai più. Otto anni più tardi, Bruno Trentin segretario della CGIL firmava assieme a Cisl Uil Confindustria ed al governo Ciampi o Amato non ricordo bene l'accordo che aboliva la scala mobile. Non altri quattro punti o otto punti ma proprio la scala mobile il meccanismo di protezione delle retribuzioni dei lavoratori. Nel 92 i salari italiani erano al livello di quelli tedeschi. Da allora ad oggi hanno perso la metà del loro valore. A causa della abolizione della scala mobile ma anche a causa della concertazione per fissava gli aumenti salariali al tasso di inflazione "programmato" e non a quello effettivo. Il tasso di inflazione programmato non ha mai superato l'uno e mezzo o il due per cento!!!

 

 

 L'infarto

Nel marzo del 1984 di pomeriggio mentre presiedevo una assemblea a Catania in via dei Crociferi nel salone a pianterreno dell'ex monastero dove era alloggiata la Camera del Lavoro mi sono sentito male. Ricordo che indossavo un maglione a girocollo che all'improvviso non sopportavo più mi sentivo soffocare. Accanto a me era seduto Nunzio Vasta che fumava un sigaro toscano. Non sopportavo più l'odore del fumo. Mi alzai in piedi ed uscii nel cortile antistante il salone stracolmo di persone. Il segretario della Camera del lavoro era Giuseppe Lucenti, un medico originario di Caltagirone che mi venne subito dietro. Mi misero su una sedia di ufficio di quelle con le rotelline sotto e mi spinsero verso l'uscita e da lì con una auto mi portarono all'Ospedale Garibaldi. Ero sudat o e diaccio e sentivo i rumori della strada e le voci delle persone che mi parlavano come attraverso un fittissimo strato di nebbia. Dopo un viaggio che mi sembrò interminabile ma che era durato soltanto una decina di minuti mi trovai al pronto soccorso dell'ospedale dove mi misero su una sorta di barella e cominciarono ad apprestare le prime cure. Ricordo che non avevo più la forza di recuperare le braccia che giacevano penzoloni ai lati della barella e pregai una donna non ricordo più chi fosse che mi stava vicina ad alzarle e metterle sopra il petto. Ero bagnato di sudore e ghiacciato. Mi fecero l'elettrocardiogramma che ancora conservo e questo era un terribile scarabocchio di cui non si capiva niente. Lavorarono alacremente su di me per una diecina di minuti. Credo mi somministrarono potassio ed altre sostanze che si danno in caso di infarto e poi mi mandarono in reparto. Qui, verso la mezzanotte mi raggiunse Giuseppina. Ma io già stavo bene e sarei stato sempre bene per i ventiquattro giorni di mia permanenza in ospedale. Allora si usava così. Per l'infarto si stava in ospedale 24 giorni. Nei 24 giorni avrei conosciuto nel profondo il popolo catanese e mi sarei immerso nella sua meravigliosa parlata piena di musicalità ed ironia. Non c'è luogo migliore per conoscere una popolazione nella sua profondità di un ospedale che due volte al giorno si popola dei parenti e degli amici dei degenti. Quando tornai a casa il gatto di mia moglie che era un superbo siamese superintelligente che mai, dico mai, mi aveva degnato di uno sguardo venne a trovarmi nella stanza da letto e mi leccò amichevolmente una mano. Poi si stese sotto il letto e mi tenne compagnia tutta la notta. Una cosa che non aveva mai fatto!

 

Piersanti Mattarella

 Fu Presidente della Regione di un governo di "unità autonomista" quando segretari regionali della DC del PCI e del Psi erano Rosario Nicoletti, Achille Occhetto e Nicola Capria. I tre si misero d'accordo su un progetto assai elitario di modernizzazione della Sicilia che aveva i suoi pregi ma anche punti di rottura dolorosa che la CGIL non poteva accettare. Si erano messi d'accordo per chiudere le miniere di zolfo che costituivano certamente una passività per il bilancio della Regione ma che mantenevano in vita molte migliaia di minatori e le loro famiglie nelle province di Agrigento Caltanissetta ed Enna. La CGIL nonostante l'adesione dei comunisti e dei socialisti alla chiusura si oppose e pretese un piano di graduale diminuzione dei lavoratori attraverso il prepensionamento. Fu una delle primissime esperienze di prepensionamento fatte in Italia. Quando nelle miniere si seppe dell'accordo tra i "magnifici tre" la gente cadde in preda alla disperazione ed alla rabbia. Si stracciavano le tessere del Partito. Segretario della CGIL era Epifanio La Porta che incaricò me ed un valoroso compagno ex minatore diventato dirigente sindacale di andare in tutte le miniere a dire che la CGIL non avrebbe aderito alla liquidazione del settore. Franco Catalano era un dirigente comunista di origine ennese stimato e prestigioso. Io e lui rassicurammo i minatori. Ricordo una assemblea enorme che abbiamo tenuto nel teatro comunale di Enna per spiegare loro la linea della CGIL che era: prepensionamento, riorganizzazione del settore con un numero più contenuto di miniere e programma di industrializzazione sostitutivo nelle provincie colpite dalla crisi. Organizzammo una marcia a Palermo di tutti i minatori siciliani. Ci accampammo attorno all'assemblea regionale siciliana ed a Palazzo d'Orleans. Eravamo già al secondo o al terzo giorno di assedio che Piersanti Mattarella ci convocò. Erano le sette del mattino e lo ricordo con la barba non rasata. Era febbricitante. Ci chiese se ci fossero margini di trattativa. Epifanio gli rispose di no. Allora mise al lavoro un gruppo che elaborò una legge che prese il nome di legge 90 che accoglieva i principi che avevamo illustrato. Restarono sette miniere riorganizzate e si avviò l'esperimento del prepensionamento. Questi due aspetti della legge andarono bene. Non bene andò la parte che si riferiva alla industrializzazione sostitutiva. Ma fu un grande episodio di civiltà di gestione indolore di una dolorosa questione sociale. Le miniere non potevano essere salvate perché il nostro zolfo si estrae dal cosiddetto tout venant. Ogni cento chili di tout venant estratto contiene un massimo del 25 per cento di zolfo. Per separarlo dalla roccia ci vuole un procedimento industriale che ha un suo costo. Ogni metro di galleria che si scava deve essere "armato" cioè deve essere munito di una armatura di travi che ne impedisca il crollo. Inoltre lo zolfo si ricava anche a costo zero dalla raffinazione del petrolio. Non è lo stesso zolfo dalle qualità speciali di quello estratto ma è pur sempre il minerale richiesto dalle industrie. Piersanti Mattarella seppe andare contro corrente come Epifanio la Porta e la CGIL e partecipò ad una soluzione che assicurò la pace sociale ed una relativa prosperità durata anni ai paesi degli zolfatari. L'ho ammirato molto per questo. L'ultima volta che lo vidi fu un paio di giorni prima della sua morte in un negozio di dischi e di materiale musicale nei pressi del Politeama. Stava comprando qualche regalo. Mi sorrise e scambiammo qualche parole. Io avevo grandissima stima e simpatia per lui. Dopo la sua uccisione avvenuta il giorno dell'epifania del 1980 fui incaricato dai partiti siciliani del discorso funebre in Piazza Politeama. Su un palco con Rosario Nicoletti in lacrime, Salvatore Lauricella, Michelangelo Russo e tanti altri dirigenti lo ricordai con commozione e tanto rammarico per la sua giovane e bella vita perduta e per la speranza della Sicilia distrutta dalla violenza politico-mafiosa.

 

 L'AUSER

Continuo a scrivere ricordi che sono come le ciliegie uno tira l'altra e questo blog è come lo psicanalista con il quale parli tantissimo che magari ti meravigli come mai avevi tante cose da dirgli quando prima di sederti davanti a lui non te ne veniva in mente nessuna. Ho messo in un angolo un blocco di ricordi che non considero nè belli nè positivi nè che possano interessare in qualche modo gli altri. E' vero che si scrive sopratutto per se stessi ma si deve pur avere qualcosa da dare agli altri almeno come idea, stato d'animo, sentimento. Oggi vi voglio parlare di cose belle. Mi riferisco alla mia attività all'Auser di Palermo l'associazione autogestionaria degli anziani. L'ho diretta dal 92 al 96 anno in cui ne fui allontanato. Una mattina trovai la porta della mia stanza chiusa a chiave da una chiave diversa di quella che avevo io. Ma di questo parlerò se ne avrò voglia una altra volta. Oggi voglio dirvi quanto è stata entusiasmante l'esperienza di aprire nuovi circoli e mettere su attività associative e culturali degli anziani. Ero assai bravo ad organizzare gite a scopo culturale e ricreativo. Scoprii che i grandi alberghi avevano il problema del fine settimana durante i quali restano quasi sempre vuoti della loro abituale clientela fatta di professionisti e commercianti. Mi mettevo d'accordo con loro ed assicuravo un trattamento di quattro stellette ai miei gitanti. Ricordo una bellissima gita fatta ai bronzi di Riace durante la quale alloggiammo nel bellissimo Jolly Hotel di Messina. A Siracusa invece portai i miei vecchietti e le mie vecchiette al Motel Agip. La cucina era sempre di prima classe e così tutto il resto con una modica spesa pro-capite. Ho aperto il circolo di Borgo Ulivia di Palermo facendomi dare i locali in comodato dall'IACP. Per giungere a questo risultato feci innumerevoli sopraluoghi perchè nessuno si voleva impegnare in qualche cosa che non si sapeva bene che cosa fosse. Riuscii anche a farmi dare bellissimi locali per il circolo di Bagheria e per quello di Carini. Quello di Carini attaccato al Castello e quello di Bagheria nella parte alta della città. Ma la cosa della quale vado assai ma proprio assai orgoglioso sono le Università Popolari della terza Età. Cominciai con il fondare l'ULITE. Funzionano ancora tutte a pieno ritmo ed hanno problemi per accettare i nuovi iscritti sempre numerosissimi. Università che tengono cicli di lezione impartite del tutto gratuitamente da volontari che si prestano con entusiasmo. Ricordo un ciclo sul Cielo fatto dal Direttore dell'Osservatore Astronomico di Palermo. L'Auser è anche tante altre cose come la Banca del Tempo e l'assistenza integrativa domiciliare. E' l'unico settore dello Spi e della CGIL in cui gli iscritti hanno la possibilità di socializzare, fare insieme qualcosa, imparare, insegnare. Almeno così io lo ricordo e spero che sia ancora così.

Commenti:

Pippo Oddo Quando avrai raccontato la storia del tuo allontanamento dall'AUSER, dirò chi ha organizzato la festa per il novantacinquesimo compleanno di Ugo Minichini. Ne avevo cominciato a parlare nel commento precedente ma sono tornato indietro per non farti ricordare certe storie poco edificanti e comunque non proprio in sintonia con la storia della nostra gloriosa confederazione sindacale. 2 ore fa · Mi piace Pietro Ancona Non so caro Pippo se ho voglia di raccontare le mie vicende con lo Spi di Palermo. Forse non lo farò per non fare dire ai malevoli che le mie critiche alla CGIL di oggi scaturiscono da vicende personali e non da valutazioni politiche su qua nto è accaduto dal 1992 anno di cessione della scala mobile e degli accordi di impoverimento operaio che vanno sotto il nome di concertazione alla cessione dell'art.18 ed alla terribile legge Biagi.

Pietro Ancona Non so caro Pippo se ho voglia di raccontare le mie vicende con lo Spi di Palermo. Forse non lo farò per non fare dire ai malevoli che le mie critiche alla CGIL di oggi scaturiscono da vicende personali e non da valutazioni politiche su quanto è accaduto dal 1992 anno di cessione della scala mobile e degli accordi di impoverimento operaio che vanno sotto il nome di concertazione alla cessione dell'art.18 ed alla terribile legge Biagi.

 

 Un libro da leggere. Pinocchio

Un libro fondamentale per capire l'Italia è Pinocchio che disvela la sua immensa atavica fame, la sua crudeltà, la sua stortura, le sue ingiustizie. Non mi piace il Pinocchio che fa il bravo ragazzo perbene perbene e viene premiato da un fantastico pranzo a base di caffè e latte e pane inzuppato per lui ed i suoi amici dalla Fata dai Capelli Turchini. A questo preferisco il Pinocchio che scappa dalla livida miseria del suo paese assieme a Lucignolo e viene avviato al Paese dei Balocchi dove verrà trasformato e venduto come somaro. (il destino che si riserva ai ribelli-scapestrati) Non mi piace Geppetto che chiede ancora più latte al povero Pinocchio che si rompe la schiena a girare la macina per ore ed ore per sostentarlo. L'Italia di Pinocchio è l'Italia in cui un contadino gli mette al collo una pesante catena e gli fa fare il cane da guardia ed un giudice lo condanna perchè si è fatto rubare le monete d'oro regalategli da Mangiafuoco. Dalla prigione Pinocchio viene liberato soltanto quando si dichiara criminale. Non c'è cosa inventata da Colladi che non sia degna di riflessione politica e filosofica anche se non si condivide il finale perbenista del burattino che viene inquadrato ed omologato nella feroce società umbertina.

Un filmato da rivedere: il Pinocchio di Comencini

L'Italia descritta dal Pinocchio di Comencini in preda ai morsi della fame flagellata da un vento gelido che non cessa mai di soffiare nei vicoli pieni di neve sporca del tristo paese appenninico in cui la vicenda del Burattino viene immaginata. Una Italia in cui i giudici mettono in galera i derubati e non i ladri ed i gendarmi arrestano mastro ciliegia e lasciano andare Pinocchio. La fame italiana incombe su tutto il fantastico e meraviglioso sceneggiato di Comencini. Una fame oramai radicata nei luoghi ai quali ha dato il suo colore nerastro. Pinocchio che rovista tutta la casa del padre in cerca anche di una crosticina di pane ammuffito... Una fame così terribile che un pranzo con tre pere sembra una cosa favolosa.... La stessa fame che è già riapparsa un secolo e mezzo dopo in molti paesi e quartieri delle nostre città anche se continuiamo ad attirare stranieri come fossimo l'Eldorado. http://www.youtube.com/watch?v=rZdRMed2jC0

 

 La Rai siciliana

ho avuto grande simpatia per la Rai Siciliana (Gazzettino di Sicilia) costituita da un gruppo redazionale di cui conoscevo quasi tutti. Spesso mi invitavano per registrare qualcosa. All'inizio e per molti anni fu sopratutto radio e non televisione. La TV venne dopo. Il mio compagno ed amico Vittorio Lo Bianco ne era capo-struttura. Molti dei dirigenti nazionali attuali vengono dalla Rai siciliana. Qualcuno, come Rizzonervo, è arrivato financo al consiglio di amministrazione. Il Gazzettino di Sicilia come io l'ho chiamato per tanto tempo ha avuto due punti di riferimento importanti: la lotta alla mafia e le lotte sociali. Questi due punti hanno caratterizzato i primi decenni della sua attività da quando era ancora in Via Cerda a Palermo. C'è stata una volta che ho urtato frontalmente con la redazione siciliana. Fu in occasione dei congressi della CGIL e della Cisl che si svolgevano in contemporanea per un caso di calendario. Mi accorsi che il gazzettino dedicava molto più spazio a quello dellla Cisl. Tempestai di telegrammi la sede locale e quella nazionale ed i comitati parlamentari. Profittai anche del fatto che c'era uno sciopero regionale dei braccianti agricoli. Il corteo dei braccianti partiva da piazza Leoni per andare attraverso via ruggero settimo e poi corso vittorio a piazza d'orleans. Dirottai il corteo di oltre quindicimila braccianti in via cerda intasandola. Poi dal momento che eravamo tutti armati di fischietti abbiamo improvvisato una grande fischiata sotto la sede. La CGIl ebbe il suo giusto spazio radiofonico perchè la rai era un organismo democratico predisposto a riconoscere subito la ragione della protesta ed adeguarvisi. Come sono lontani quei tempi!

 

compiango il PSI

che potrebbe ritrovare se stesso e cioè la sua natura di partito della classe lavoratrice partecipando alla coalizione di sinistra che sostiene Fava ed invece farà il satellite del PD che è partito confindustriale e montiano e che è diventato iperliberista. E' un vero peccato che la base socialista non sia mai stata interpellata nè sul caso Vizzini nè sul sostegno a Ferrandelli nè ora sul sostegno a crocetto. Un pugno di carrieristi usurpa il potere degli organismi di partito e lo ha ridotto a cameriere di Bersani, Cracolici, Crocetta....

La contraddizione

Preciso che nel sostenere Fava e la sua coalizione e nell'invitare i socialisti a votarlo è perchè non vedo nessuna altra possibilità di voto. Dovrei astenermi dal votare e scegliere una strada alternativa che potrebbe essere quella dei referendum e delle alternative territoriali. Ma la gente è ancora malatissima di elezioni. Se non va a votare si sente male! Crede di essere esclusa dal consorzio dei cittadini, di regredire in chissà quale abiezione. Eppure potremmo e dovremmo imparare la civiltà del non voto. Io non condivido tante posizioni di IDV e della federazione della sinistra che spesso si presta a farsi strumentalizzare dalle campagne CIA una volta contro la Libia e l'altra contro la Siria o contro la Russia. Ferrero ha financo sottoscritto il Pornoappello delle Pussy Pussy scambiandolo per sostegno alla libertà di opinione. Questo mentre le posizioni verso gli USA diventano sempre più morbide e non si dice niente su una società in cui la gente di colore nero viene uccisa per la strada da poliziotti che si divertono a farne tiro a segno. Sono contraddittorio e sostengo il voto a Fava. Credo che nello spazio politico che si è scelto c'è anche volente o nolente un qualcosa che lo spinge a sinistra e spingerà a sinistra la coalizione. Non potrà fare le porcherie di Lombardo e dei suoi sostenitori. Ecco perchè sostengo Fava anche si mi piacerebbe moltissimo chiudere per sempre la partita con questa regione che anche se amministrata con le migliori intenzioni sarà sempre un peso per i siciliani.

 

 70° Compleanno!

La CGIL siciliana ha festeggiato il mio settantesimo compleanno. Segretario Italo Tripi e Responsabile del Dipartimento delle politiche meridionali della CGIL Franco Garufi. Fu riunito il Comitato Regionale della CGIL e numerosi altri compagni nel salone della CGIL di via Bernabei. Ricordo di essere stato io assieme ad Epifanio La Porta a comprare i comodi e razionali locali di Via Bernabei che dal 1980 ospitano la sede regionale. Avevamo anche comprato davvero per niente la bellissima tenuta di Santa Venerina. Quasi 14 ettari di terreno feracissimo con vigneto ed enormi castagni secolari grandi come cattedrali. Epifanio si dedicò alla ristrutturazione del vecchio casale al quale apparteneva anche un antichissimo torchio che è un vero e proprio museo di una agricoltur a benestante e padronale. Sono grato a Italo Tripi ed a Franco Garufi di avere voluto ed organizzato nel migliore dei modi il mio compleanno ricordando quanto ho fatto per i lavoratori siciliani. Per me quel giorno è stato importante perchè ha risanato ferite che mi portavo dietro dalla mia esperienza con l'Auser di Palermo. E' stato un gesto generoso verso di me che mi ha molto aiutato.

Sono trascorsi sei anni da allora ed il mondo è diventato ancora più ostile ed irriconoscibile. Il poco di buono che si era fatto viene disfatto e ci si avvia verso una vera e propria catastrofe sociale in parte è già avvenuta per le nuove generazioni biagizzate della legge trenta e per l'espulsione dei lavoratori "pesanti" che comincia ad avvenire dopo la morte dello articolo 18. La sconfitta della classe operaia è terribile e la fame è entrata da tempo in molte case anche se l'Italia continua ad attirare masse di disgraziati catalogati tutti insieme come "extracomunitari".

 

 Un Comitato Socialista per la lista di sinistra Fava

I socialisti siciliani hanno l'occasione di ritrovare se stessi in uno schieramento di sinistra e di progressisti che si costituisce attorno a Fava. E' innaturale il sostegno dei socialisti a Crocetta come lo fu a Capezzoni (che poi li lasciò con un palmo di naso) come lo fu per Ferrandelli alleato tramite Cracolici con Lombardo. E' stato sconcertante farsi imporre da Nencini la leadership di Vizzini che per decenni era stato importante uomo del gruppo dirigente berlusconiano. Invito i socialisti siciliani a fare un comitato e prendere contatto con Fava per concordare le modalità di una campagna elettorale che deve portare davvero ad un rinnovamento dell'Isola liberandola dall'egemonismo della destra e del PD che sono e saranno alleati per continuare l'opera del governo Lombardo.

 

 I poteri del Generale - 3 settembre 1982   e qui

Il Generale della Chiesa chiedeva poteri speciali per portare avanti la sua lotta alla mafia siciliana. La sua intenzione era di sdradicarla e questa sua volontà incombeva sulla società siciliana e generava allarme nelle cosche mafiose. Il Generale era giunto a Palermo come Prefetto. Presidente del Consiglio dei Ministri era Giulio Andreotti sospettato da molti di avere un rapporto speciale con la mafia siciliana rapporto mediato a Palermo dall'On.Le Lima e nella Sicilia orientale dall'On.le Drago.L'On.le Lima sarebbe stato ucciso dalla mafia nel 1992 uno degli anni horribilis della storia mafiosa di questo disgraziato Paese. La questione della concessione dei poteri speciali divideva le forze politiche siciliane. C'era chi era favorevole ma anche chi era decisamente contrario. Il segretario regionale della DC era contrario ma non perchè fosse mafioso o intimidito o condizionato dalla mafia. L'On.Le Rosario Nicoletti era contrario perchè riteneva che la lotta alla mafia dovesse condursi senza alterare la normalità dell'ordine costituzionale e dei poteri. Non era convinto della necessità di cedere poteri speciali ad un Prefetto un Generale mandato dallo Stato e certamente pensava che non fosse giusto questa forma impropria di commissariamento della Sicilia. L'On.le Rosario Nicoletti si sarebbe ucciso lanciandosi dalla tromba delle scale della sua abitazione nel novembre del 1984. Un mistero la sua morte che non è mai stato penetrato ma io, avendolo conosciuto, dubito molto che si sarebbe ucciso motu proprio per una propria personale scelta esistenziale. Era persona di grande razionalità e certamente una delle menti più brillanti della politica siciliana. Con Piersanti Mattarella facevano un tandem strepitoso. Presso l'Assemblea regionale siciliana era costituita una Commissione Antimafia fatta dai partiti dai sindacati regionali e dai rappresentanti delle associazioni industriali ed agricole. La Commissione era presieduta dal Presidente dell'Ars a quel tempo l'On:le Michelangelo Russo. Io ne facevo parte in quanto segretario regionale della CGIL. Luigi Cocilovo e Roberto Franchi vi rappresentavano rispettivamente la Cisl e l'Uil. Il PSI era rappresentato da Salvatore Lauricella e la DC da Rosario Nicoletti. Segretario regionale del PCI era Luigi Colaianni che aveva preso il posto di Pio La Torre assassinato il 30 aprile di quello stesso anno. Ricordo che prima della riunione della Commissione Antimafia dell'Ars abbiamo avuto un incontro preventivo i tre segretari regionali nella sede dell'UIL siciliana in via Enrico Albanese. Cocilovo era della stessa opinione di Nicoletti. Era contrario alla concessione dei poteri speciali. Io invece ero allarmato dal fatto che si discutesse di questo problema e che ci fossero tentennamenti delle istituzioni. Era decisamente a favore dei poteri speciali e convinsi Franchi e Cocilovo ad assumere una posizione unitaria nella Commissione. Così andò. Tuttavia dalla Commissione non uscì una decisione senza se e senza ma per i poteri speciali. Qualche giorno dopo il generale Della Chiesa veniva massacrato assieme alla sua giovane moglie Emanuela Setti Carraro. Erano una coppia assai romantica. Il fatto che il Generale avesse l'amore di questa giovane signora ne rendeva la figura assai fascinosa e circondata da un alone poetico che ha colpito tutte le persone che abbiamo vissuto intensamente quel periodo tragico ed oscuro della insanguinata storia della Sicilia. Alla luce delle cose che si sono recentemente sapute sul rapporto mafia-Stato credo che bisognerebbe rianalizzare tutta la vicenda dell'assassinio del Generale e della moglie. Per capire quale nido di vipere è stato messo in allarme dalla presenza di un Generale che prometteva davanti ai ragazzi ed alle ragazze dei licei palermitani lotta senza quartiere fino alla vittoria alle cosche ed ai loro sporchi interessi. Pietro Ancona

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 Genocidio politico

Penso a quanto era bello intelligente sensibile umano il popolo comunista del PCI di Togliatti. di Longo di Natta e degli altri grandi segretari del PCI. Un popolo di milioni e milioni di persone che leggeva era elevato culturalmente ed era capace di fare dei festival dell'Unità festival della Cultura e della Politica. Una cultura politica quella comunista che penetrava profondamente nella società italiana migliorandola. Una cultura "egemonica" che non era violenta convinceva trascinava era legata ai sentimenti più grandi di giustizia sociale di libertà di progresso di vera democrazia. Penso alle centinaia di migliaia di copie dell'Unità che si vendevano ma anche dell'Avanti che nel marzo del 1953 nel paginone centrale listato a lutto salutava la morte di Giuseppe Stalin come la caduta di un padre dell'umanità.
Ora il popolo del PD e quel poco che è rimasto del PSI non hanno più valori. Accettano il peggiore e più miserabile machiavellismo della politica italiana, subiscono la perdita dell'art.18 e le pensioni a 70 anni e soltanto per una manciata di spiccioli. Accettano in nome del liberismo e delle imprese tutti gli interessi del capitalismo italiano che è uno dei più avidi e meschini del mondo.
Come ha potuto il magnifico e grande popolo comunista diventare il popolo del PD che applaude Renzi e Letta ed accetta di allearsi con Casini?

P.S.Notate che non ho citato Berlinguer che considero il capostipite del PD di oggi...

 

 Pietro Ancona la candidatura

Luigi Colajanni mi candidò nel collegio senatoriale di Enna il posto dove era stato eletto senatore Epifanio la Porta e prima di lui, come indipendente del PCI, Simone Gatto illustre figura del socialismo siciliano. Era talmente sicuro della mia elezione che già discuteva a quale gruppo avrei potuto iscrivermi e proponeva il gruppo misto. Luigi Colaianni sapeva benissimo che non ero comunista e mi accettava per quello che ero. Quando si seppe della mia candidatura, contrariamente a quanto si era fatto in altre occasioni, i socialisti che mi erano stati più vicini furono durissimi come me. I socialisti della CGIL si riunirono in gran completo sotto la presidenza di Ottaviano del Turco in una pubblica sala e compirono un rito di scomunica e di odio nei miei confronti. Io ero traditore! Li avevo tradito. Per me non ci furono attenuanti e non ci fu alcuna misericordia. Anche le persone che mi erano state più vicine sentirono il bisogno di proclamare la loro distanza da me. Questo fatto di amareggiò perchè non sospettavo che si potesse sviluppare tanto rancore. Ottaviano mi sollecitò a lasciare le cariche che avevo nel CNEL e nell'INPS, cosa che io avevo fatto senza bisogno di farmelo dire. Capisco il risentimento dei socialisti specialmente di quelli della CGIL ma la loro reazione fu troppo dura. Una reazione montata da quanti avevano mal tollerato la mia autonomia nei confronti dei capibastone del PSI siciliano ai quali non avevo mai fatto mettere le mani sulla CGIL. Aggiungo a questo che i dirigenti comunisti si erano mostrati assai freddi al contrario del popolo comunista che mi conosceva e mi votò copiosamente in tutta la circoscrizione occidentale anche se si sapeva che la mia candidatura alla camera era simbolica. Non meritavo il crucifige che ho subito dopo tutto quello che avevo fatto per il partito e per la corrente. Io ero sempre un socialista anche se candidato con il PCI come disse Emanuele Macaluso presentandomi all'elettorato comunista di Enna in un bel comizio che non ho dimenticato. Disse: Pietro Ancona è socialista è nessuno pensi che possa diventare cosa diversa di quello che è. Votatelo!

 

 

 La campagna elettorale di Enna

Le elezioni politiche dell'87 si svolsero il 14 giugno. Arrivai ad Enna quasi un mese prima e trovai la città avvolta in una densa quasi impenetrabile nebbia. Faceva freddo ed io ero venuto da Palermo in abiti quasi estivi.Portavo una canottiera sotto la camicia ed avevo urgente bisogno di una maglia di lana. La maglia di lana quasi a giugno! Comprai tre maglie di lana! Presi alloggio in un albergo della città alta. Telefonai alla federazione comunista per comunicare il mio arrivo. Non si fece vivo nessuno. Passai molte ore da solo in albergo in un silenzio glaciale poi pranzai da solo e nel pomeriggio mi recai in Federazione. Il Segretario era un giovane tarantino un "quadro" inviato dalla Direzione in Sicilia per dare una mano. Fu gentile ma non mi comunicò alcun programma, niente che io potessi fare. I successivi due giorni li passai in albergo da solo. Una situazione allucinante, incredibile! Colaianni non aveva idea di quale inferno fosse il Partito ad Enna! Il candidato alla Camera era un giovane dirigente di una organizzazione di contadini il quale era letteralmente il padrone del Partito. Aveva fatto sapere al segretario tarantino che se lui non fosse stato eletto poteva farsi le valigie e tornare al suo paese! Ancora dopo qualche giorno cominciai a fare qualcosa a spostarmi in provincia. La CGIL regionale mi mandò Francesco Catalano mio amico un compagno di famiglia ennese stimatissimo dai suoi concittadini il quale si mise al mio fianco e mi aiutò nella campagna elettorale. Molti compagni socialisti si schierarono dalla mia parte ma era difficile che venissi eletto: il candidato alla camera del pci aveva accordi con il candidato al senato della dc. Tutta l'Enna politica era al corrente di questa tresca. Accordi di ferro che funzionarono a dovere. Spesso i due facsmimili dc pci circolavano insieme. Insomma ad Enna era già stato fondato con quasi venti anni di anticipo il PD dai due notabili locali! Feci una c ampagna elettorale che fu un successo. Mi ricordo di aver fatto un comizio a Leonforte con Anna Finocchiaro che allora era una avvenente magistrata catanese , un comizio affollato da migliaia di persone. Per me è stata una esperienza umana importante.I minatori, i lavoratori mi sostennero. Presi un sacco di voti ma molti compagni venivano a riferirmi dello intrigo che si sviluppava alle mie spalle. Ne informai Colajanni a Palermo ma, come capii dopo, inutilmente. Non avevo capito che il PCI non era più il partito disciplinato dal centralismo democratico che io immaginavo. Enna era per i fatti suoi ed il regionale del Partito non vi aveva alcun potere.Il PCI era già diventato un'altra cosa. Era un partito dilaniato da gruppi di potere e pieno di conflitti al suo interno. Ebbi 25 mila voti pari alla percentuale del 25 per cento e mi mancarono qualche centinaio di voti per essere eletto. Fu eletto soltanto il candidato della DC mentre colui che gli aveva dato almeno un migliaio di voti comunisti per il senato non era stato eletto. Lo sarebbe stato dopo alle elezioni regionali e da allora lo sarebbe stato sempre fino ai giorni nostri. Tornai a Palermo deluso e stordito. Non c'è niente che possa disorientare e mettere a terra quanto una sconfitta elettorale. La solitudine che può colpire in una sconfitta è devastante e capace di atterrare.


 

 Corso Calatafimi

Luciano Piccolo che era il mio successore alla CGIL e Luigi Colaianni mi chiesero cosa io volessi fare dopo Enna. Piccolo mi propose di tornare alla CGIL ad accuparmi del Cerdof organismo che io avevo fondato e di cui ero Presidente. Una centro studi e ricerche. Era mio diritto tornare alla CGIL in base al regolamento vigente sulle candidature. Luigi Colajanni nel quale io avevo sempre fiducia mi propose un lavoro nel PCI. Non mi sentivo di tornare in CGIl per la bolla di scomunica che la corrente socialista aveva fatto nei miei confronti e perchè umiliato dalla sconfitta subita Ero frastornato e non ricevevo il conforto di un buon consiglio da parte di nessuno. Ero solo, proprio solo. Decisi per l'incarico di Partito che era un modo per cancellarmi come figura di primo piano.

 Una sorta di punizione che mi sono inflitta in un momento in cui non avevo la lucidità necessaria per prendere una decisione che avrebbe influito per il resto della mia vita.
Ricorderò sempre come un incubo l'attraversamento di Corso Calatafimi che facevo tutte le mattine per raggiungere il Palazzo del PCI, una costruzione del settecento piena di marmi bianchi mortuari, cadente,gelata d'inferno e priva d'aria d'estate. Il primo piano era occupato dalla federazione di Palermo. il Regionale nel quale io accettai di lavorare stava al secondo piano.
Ebbi come compagno di stanza Elio Sanfilippo un compagno gentilissimo e di modi soavi che mi accoglieva sempre con un sorriso e si mostrava molto attento alle cose che dicevo Sono stato molto aiutato dal suo atteggiamento amichevole e nello stesso tempo discreto e gentile. Ho anche un bel ricordo di Claudio Riolo che ora insegna all'Università di Palermo e che quando io arrivai al partito era in procinto di dimettersi dalla segreteria regionale. Ricordo con affetto anche Varvara un compagno trapanese che poi sarebbe andato a dirigere la C.I.A. Al Partito avrei dovuto occuparmi delle zone interne della Sicilia per incentivarne lo sviluppo. Presto scoprii che Partito e Gruppo Parlamentare all'ARS era due entità distinte non sempre comunicanti e sinergiche. Il PCI era immerso in una profondissima crisi d'identità acuita dall'approssimarsi del crollo della URSS.
Un mattino, salendo le scale della Federazione incrociai Tornatore fratello del noto grande regista. Mi disse: Pietro posso farti una domanda? E poi mi disse: perché tu hai lasciato un partito di successo per venire in un partito in crisi come il PCI? Il PSI di Craxi era considerato dai comunisti, con una punta di invidia, partito di successo!!

 

 A Mondello

Com'era bello bello bellissimo il mondo visto stamane da Mondello! Il mare cristallino colore smeraldo che poi verso il fondo diventa verde e poi culmina con una grande striscia blu che si unisce alla coppa del cielo celeste con tante nuvole bianche! La spiaggia di sabbia calda con un venticello non tanto forte da rubare gli ombrelli con alle spalle il verde dei pini e lo scenario di Monte Pellegrino! Io e Giuseppina, 154 anni in due, tra i più distanti dalla riva a goderci l'abbraccio della acqua più profonda!

 

 Ricordo di Vittorio Foa

E' morto quasi centenario. Le cose che ha detto e scritto negli ultimi anni della sua vita sono state per me una delusione amara. E' stata la resa di una sorta di follia socialista e libertaria alla ragione. Una ragione fatta di buon senso che accetta le logiche del mondo e della realtà ed al massimo si sforza di renderle meno dure. Mi piace molto di più il Foa intransigente radicale dei diritti dei lavoratori e delle persone che il Foa che si rende conto che forse non possiamo avere niente di quello che abbiamo sperato. Ricordo il suo entusiasmo per la guerra dei sei giorni di Israele e per le vittorie strepitose del generale Moshe Dajan. A quel tempo davo un valore positivo ai successi militari di Israele. Eravamo troppo vicini all'Olocausto e consideravamo con simpatia lo sforzo degli ebrei per darsi una patria, un facolare. Non sapevamo che questo "focolare" era sottratto con la forza ed anche l'assassinio ai palestinesi e che si stava creando una zona di crisi permanente che avrebbe distrutto la pace nel mondo. Ma allora l'atteggiamento di Vittorio Foa mi piaceva ed anche quello di Pietro Nenni che, in un comizio fatto a Palermo, defini gli arabi " predoni del deserto". Il PSI in tutte le sue articolazioni riformiste o radicali come quella di Foa era sionista! Il sionismo non si era ancora staccato del tutto dal socialismo. Una volta Vittorio Foa venne a Santa Venerina dove avevano la meravigliosa scuola della CGIL siciliana in una tenuta signorile comprata durante un "volo di rondini" subito dai proprietari caduti in difficoltà economiche. Siamo stati insieme a cena in una trattoria del paese. Il cibo era genuino siciliano eccellente ma non credo che vi abbia prestato attenzione. Mangiava e parlava. Era un conversatore affascinante. Mi raccontò episodi della sua vita e quando appena ventenne nel 1930 venne a Palermo per riscuotere un credito che il padre vantava presso certi commercianti palermitani che erano riluttanti ad onorarlo. Mi raccontò che ci mise tre mesi per recuperarlo e che ebbe tempo di capire e conoscere Palermo. Si era negli anni trenta. Parlava con grande rispetto dei debitori e questo mi colpì. Le prime grande battaglie al petrolchimico di Gela furono da lui interpretate e collocate nel contesto di un progetto di rinnovamento del Mezzogiorno. Ricordo la sua bella immagine in cui parla della struttura avveniristica del petrolchimico davanti il quale passa un carretto trainato da un mulo e seguito da una capra attaccata dietro. Il petrolchimico, il carrettiere e la capra. Peccato che alla fine della sua vita si sia arreso ad una visione della politica che lo ha portato nel PD. Un vero peccato per le nuove generazioni alle quali non si può insegnare di essere giudiziose ma si deve indicare la via della libertà e del cambiamento. La via dellas "follia" rispetto l'ordine costituito,. La stessa follia che hanno seguito i nostri padri e le nostre madri a cominciare da Anna Kulisciof e Filippo Turati.

 

 La stagione rivoluzionaria

Nel 1979 fui nominato dalla CGIL consigliere del CNEL un prestigioso organismo costituzionale che aveva sede in una antico Palazzo di Villa Borghese a Roma composto da rappresentanti di tutte le categorie del lavoro. Vi sono rimasto per quasi un decennio ed avrei potuto continuare a starci se non mi fossi allontanato dalla componente socialista del PSI. Presidente del CNEl era Bruno Storti un grande dirigente sindacale della CISL proveniente dagli statali romani, una persona che assieme a Lama ed a Benvenuto aveva animato la più grande stagione di lotte sociali per obiettivi come il Mezzogiorno, l'occupazione, la casa che l'Italia abbia mai avuto. I grandi scioperi degli anni 70 sono stati l'ultima grande manifestazione di speranza del popolo italiano. Ricordo che a Palermo per lo sciopero sulla casa del 1969 un corteo non aveva avuto la possibilità di muoversi perchè occupava dalla Stazione centrale a Piazza Politema e la gente continuava ad affluire. Chilometri e chilometri di corteo! Non ho mai più visto in vita mia tanta gente per strada, tanta voglia di cambiare. C'è stato un momento in cui l'Italia è stata vicinissima ad un radicale cambiamento politico. Ricordo la mia impressione nel vedere in TV le scene dello sciopero in Calabria. Tutta la popolazione calabrese era per strada! Il Mezzogiorno d'Italia diede il massimo di se. Mostrò una volontà di cambiamento di una intensità assai vicina ad un moto rivoluzionario. In effetti era una rivoluzione senza spargimento di sangue. Una rivoluzione pacifica che nessuno seppe o volle gestire e che ebbe un lungo e tormentoso riflusso fatto di delusioni. I partiti della sinistra ed i sindacati quando il movimento ebbe raggiunto l'acme cominciarono ad organizzarne la ritirata in alvei di "normalità". Mai più la lotta per le riforme sarebbe ricominciata. La borghesia italiana si preparava alle sue vendette sociali e rivalse storiche. Dagli anni ottanta in poi ha cominciato a pretendere la restituzione delle cose che erano state conquistate dai lavoratori nella contrattazione sociale e nella legislazione. Oggi siamo alla vigilia del salario variabile e del lavoro a vita mentre tutte le nuove generazioni del lavoro subiscono le forche caudine della legge trenta. Lama, Storti e Benvenuto avevano guidato il più grande movimento rivoluzionario del dopoguerra italiano. Sono convinto che Lama volesse davvero i cambiamenti che le folle invocavano. Lama non era il revisionista antesignano della Camusso. Era riformista come potevano esserlo i primi riformisti padani dell'inizio del novecento. Ma in Italia i Partiti sono sempre stati i più forti di tutto e lo stesso PCI vedeva con sospetto invidia e con molte riserve il peso che la CGIL aveva nei posti di lavoro e cominciò a giocare allo scavalco a sinistra con la allucinante questione dello O,50, una questione alla quale fu dato un valore simbolico devastante. Non attribuisco il riflusso e la sconfitta alla sinistra ma non c'è dubbio che nessuno seppe gestire l'immensa opportunità che la storia aveva offerto all'Italia per cambiare nel senso voluto dalla Costituzione. Ma è stata l'effimera apparizione di una bellissima stella in cielo presto coperta dalle nuvole.

 

 Socialisti della CGIL

Nel giugno del 1969 partecipai al Congresso di Livorno della Cgil, congresso importante perché sancì l'incompatibilità tra cariche sindacali e cariche politiche a conclusione di una lunga battaglia che aveva visto i socialisti alleati con l'ala rinnovatrice dei comunisti della CGIL. Ricordo Livorno, chissà perché, come una spiaggia assolata, come un punto di luce. Questo mi è rimasto di Livorno dopo oltre quaranta anni e non so spiegarmene il perché. A Livorno fui eletto nel Direttivo della CGIL. Stavo già per andarmene quando fui chiamato. Mi si disse che i segretari confederali volevano parlarmi. Trovai Piero Boni, Mario Didò, Silvano Verzelli e Fernando Montagnani che erano i due segretari e vice segretari socialisti della CGIL riuniti in una stanza assieme ad Otello Magnani prestigioso segretario della Federbraccianti nazionale. Con qualche imbarazzo Montagnani mi chiese se fossi disponibile a cedere il mio posto nel Direttivo a Magnani che non era stato eletto e questo fatto avrebbe reso difficile il suo lavoro nella federbraccianti. Magnani intervenne per dirmi che entro un anno mi avrebbe restituito il mio posto. Aderii subito alla proposta con sollievo per i cinque che mi avevano convocato. Fuori trovai ad aspettarmi Dini il segretario socialista della Cdl di Firenze il quale mi diede del cazzone e mi disse che non avrei mai rivisto il mio posto. Invece, a distanza esatta di un anno, mi giunse una lettera del compagno Otello Magnani che mi ringraziava e mi faceva sapere che si era già dimesso dal Direttivo. Nel 69 ero trentenne e fui lieto di aver reso un favore ad una persona come Magnani che ne aveva sessanta e che davvero meritava assai più di me di stare nel Direttivo della CGIL nazionale. Il gruppo dirigente nazionale della componente socialista era costituito allora da quattro persone che a me sembravano ed ancora oggi sembrano speciali. Fecero una lunga guerra per rendere quanto più possibile la CGIL libera dalla influenza del PCI che allora ragionava in termini di cinghia di trasmissione cosa che non ha mai cessato di fare e che ha trasmesso al PD di oggi che tiene la CGIL in pugno attraverso la Camusso. I socialisti avevano fatto una lunga battaglia vittoriosa per l'incompatibilità che portò alle dimissioni dal Parlamento dei deputati della CGIL. Il segretario generale Agostino Novella si dimise nel luglio del 69 subito dopo il Congresso. Si riteneva che attraverso l'incompatibilità il processo unitario CGIl CISL UIL sarebbe andato avanti più speditamente. In effetti allora sembravamo in procinto di unificarci davvero cosa che come tutti sappiamo non avvenne. Piero Boni aveva la fissazione della unità, una specie di mania. Non parlava d'altro e passava la vita ad intessere legami che potessero financo "costringere" all'unità. Mario Didò che dopo fu eletto parlamentare e vice presidente del Parlamento Europeo era addetto alla organizzazione della CGIL. Era il mio punto forte di riferimento a Roma. La sua generosità non aveva limiti. Non c'era rogna per quanto intricata dalla quale si sottraesse e non mi lasciò mai solo a fronteggiare le difficoltà. Silvano Verzelli era un soave signore, un intellettuale di origine marchigiana, una persona davvero perbene di vecchio stampo. Montagnani che poi divenne Presidente dell'INPS era bravo nel suo campo. Insomma i quattro socialisti erano una magnifica squadra che lavorava con un disegno in testa. Per un certo periodo di tempo l'ideologo della corrente fu Michele Giannotta, catanese, che poi sarebbe stato Presidente della Sip. Prima di loro e fino al Congresso di Bologna avevamo avuto alla segreteria della CGIL un leader storico del riformismo socialista italiano: Fernando Santi. A Livorno fui molto aiutato ad entrare nel Direttivo della CGIL da Fausto Vigevani allora segretario della cdl di Alessandria e che sarebbe diventato segretario nazionale dei chimici. Una delle persone più competenti che la CGIL abbia mai avuto in materia contrattuale. Divenne poi sottosegretario di Stato alle finanze in uno dei governi di centro-sinistra. Fumava una quantità enorme di sigarette e sembrava sempre in preda ad una sorta di nervosismo, di inquietudine interna.

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babbaluciaru

 

 Il futuro cancellato  anche qui

 Ho l'abitudine di uscire di pomeriggio con il mio cagnolino per  passeggiare attorno al condominio dove abito. E' quella che chiamo "ora d'aria" del mio Milo che trascorre troppo tempo in casa ad annoiarsi.
 Da alcuni anni mi capita di incontrare una coppia di ragazzi certamente vicini di casa. Hanno l'abitudine di sedersi sul gradino di ingresso di un palazzo riparato da un porticato. Lei è una bella ragazza alta robusta dai lineamenti fini. Lui ha un viso pallido con una leggera barba che da qualche tempo mostra qualche raro filo bianco. Non hanno ancora trentanni. Stanno seduti e parlano, parlano. Mi sono fermato  a scambiare qualche parola  con loro. Sono disoccupati. Hanno fatto tutte le esperienze del precariato. Lavori, lavoretti, concorsi, ancora concorsi. Lavoro nero in nero a volte anche umiliante. Il ragazzo è stato anche negli States per qualche tempo. Il lavoricchio si trova più facilmente ma le condizioni non sono diverse. L'America non offre niente. Non è l'America  di venti anni fa. La società anche li è diventata più cattiva. Sembra che sia diventata una impresa sopravvivere a questo mondo. Eppure tutta la società o ccidentale che ha deteriorato cosi profondamente la condizione dei lavoratori o di chi tenta di entrare nel lavoro è assai più ricca di quella di venti anni fa.
 I due ragazzi parlano del loro presente triste e del futuro che non esiste. Non posseggono una auto dove appartarsi. Non hanno niente. Hanno solo ancora  la loro splendida giovinezza che li sta lasciando.

 

  Da Rigola alla Camusso

Riflettevo sul potere che hanno le organizzazioni nazionali dei partiti e dei sindacati. Un potere capace di paralizzare una nazione rendendola inerte come ipnotizzata di fronte al ghigno feroce di Monti e della Fornero che si dichiarano salvatori della Patria mentre conficcono enormi chiodi ai lavoratori. Ieri la Camusso minacciava lo sciopero generale. Lo aveva minacciato financo di 48 ore quando iniziò la questione dell'articolo 18. Sono stato tanto ingenuo da rallegrarmene credendo alla sincerità della CGIL. Sappiamo bene come è finita. L'art.18 non c'è più e non c'è stata opposizione della CGIL. Se ci fosse stata il PD avrebbe avuto serie difficoltà a farsi cavalcare da Ichino e consegnare a Monti la cosa più importante del diritto del lavoro italiano. Pensavo che probabilmente la CGIL ha sempre avuto diverse anime che coabitano nella stessa casa. Il suo primo segretario Rigola, un poligrafico cieco che la diresse per quasi un ventennio, tenne una linea di collaborazionismo subalterno con i governi tali da costringere Di Vittorio ad andarsene e fondare l'USI. Rigola ed il suo successore D'Aragona che poi fu deputato e ministro socialdemocratico nel dopoguerra consegnarono la CGIL nelle mani di Mussolini e gli fecero da consulenti per il Patto di Palazzo Vidoni, patto riecheggiato in recenti accordi con il governo e con la Fiat. Nello stesso tempo la CGIL ha dato vita a grandi lotte guidate dalle Camere del Lavoro ed alla esperienza autogestionaria dei consigli di fabbrica nel biennio rosso. Ricordo che la matrice "riformista" è stata sempre presente dentro i gruppi dirigenti della CGIL. Riformismo inteso nel senso di Fernando Santi che significava gradualità nella azione ma fermezza ed intransigenza negli obiettivi oppure come collaborazione, come sponda all'azione del padronato come è avvenuto con gli accordi di concertazione del 1992 e l'abolizione della scala mobile. Ricordo una drammatica riunione del gruppo dirigente meridionale della CGIL con la segreteria nazionale svoltasi al Maschio Angioino di Napoli nel 68 sulle gabbie salariali. Trentin e Scheda ed altri dirigenti della CGIL erano per mantenerle e facevano muro alle pressioni dei dirigenti del Sud per la loro abolizione. Il movimento fu più forte delle loro resistenze e le gabbie finirono con l'essere levate. Prevedevano 13 livelli salariali in tredici livelli territoriali. Una cosa indecente che penalizzava naturalmente le zone meridionali. Oggi la CGIL attraverso il periodo più nero della sua storia. E' nelle mani di persone che hanno deciso di assecondare la rimodulazione liberista della società italiana, lo scardinamento di un sistema di diritti ritenuto obsoleto e comune antieconomico. Una cosa indecente. Il gruppo dirigente attuale della CGIL ha portato sull'orlo della pazzia centinaia di migliaia di docenti della scuola e stordito milioni di giovani con la legge Biagi. Si guarda bene dal difendere i professori e dal chiedere l'abrogazione della legge Biagi o almeno l'istituzione del SMG che in qualche modo renderebbe meno umiliante il calvario del precariato. Che cosa altra posso dire? Faccio il pistolotto ottimistico sul fatto che le cose cambieranno e la CGIL ridiventerà quella dei consigli di Gramsci? Non ci credo. Credo che le cose peggioreranno e che ne avremo per molto di penare.

 

 La Loggia massonica

ignoravo che ad Agrigento ci fosse già nel 1770 una loggia massonica. Ne parla il viaggiatore inglese Patrick Brydone, benestante e massone come molta parte della borghesia europea. Descrivendo il pranzo trimalcioniano offertogli dal canonico Spoto e dal giovane e garrulo vescovo agrigentino (lo descrive come un quasi quarantenne capace di lasciare la dignità episcopale per sollazzarsi con gli amici il nostro viaggiatore scrive: " tra i commensali abbiamo trovato parecchi massoni che ci fecero festa apprendendo che eravamo loro confratelli. Insistettero perchè si restasse ancora qualche giorno con loro, e offrirono di darci delle lettere per Palermo o per qualcunque altra città volessimo visitare. Ma il caldo sta aumentando e non osiamo prolungare la nostra spedizione...."

ed aggiungo:

la massoneria già nel settecento era la più grande organizzazione dei ceti benestanti specie borghesi europei. Era diffusa capillarmente in tutti gli Stati ed offriva ai suoi soci dovunque allora si recassero sostegno ed una sorta di passpartout Anche l'architetto costruttore del magnifico Orto Botanico di Palermo Leon Dufourny era massone e nel libro in cui racconta il suo soggiorno a Palermo ci parla dei suoi rapporti con la loggia di Palermo http://it.wikipedia.org/wiki/L%C3%A9on_Dufourny

 

ho scritto per "Agrigento in bianco e nero!


Avvocato Francesco De Luca

Luminosa figura di grande intellettuale e dirigente politico agrigentino fu l'avvocato Francesco De Luca che nel 1892 fondo il Fascio dei Lavoratori agrigentini ne fu Presidente e su membro della segreteria regionale dei fasci e del Partito Socialista. Dopo la repressione crispina fu processato e patì il carcere angosciato per la condizione delle sorelle che dipendevano dal suo lavoro. Nel 1975 Luigi Granata con la collaborazione del prof.Giuseppe Giarrizzo Massimo Ganci ed altri storici siciliani organizzò il primo convegno internazionale di studi sui Fasci. De Luca lasciò un libro di memorie.

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negli anni Novanta si avvicina al socialismo (attraverso la figura di Napoleone Colajanni), comparendo tra i fondatori della federazione repubblicano socialista siciliana. Con l'adesione ai Fasci viene arrestato e diventa uno degli esponenti di spicco del socialismo siciliano. Trasferitosi a Catania, collabora con la Rivista di diritto penale e di sociologia criminale e La Scuola positiva di E. Ferri.

La trattativa stato-mafia c'è stata eccome! Martelli dichiara alla Camera dei Deputati che dominus della trattativa fu il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e che Amato fu della partita. Certo non ci sarà stato un tete a tete Scalfaro Riina ma chissà. La realtà spesso supera ogni possibile immaginazione. E' terribile che la trattativa non salvò la vita di Borsellino anche se non possiamo dire che la includeva ed ancora più terribile che sia continuata dopo la sua morte. Ingroia e la Procura di Palermo ne escono rafforzati e la campagna di odio e di criminalizzazione verso di loro è destinata a finire malamente.

 

La trattativa stato-mafia c'è stata eccome! Martelli dichiara alla Camera dei Deputati che dominus della trattativa fu il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e che Amato fu della partita. Certo non ci sarà stato un tete a tete Scalfaro Riina ma chissà. La realtà spesso supera ogni possibile immaginazione. E' terribile che la trattativa non salvò la vita di Borsellino anche se non possiamo dire che la includeva ed ancora più terribile che sia continuata dopo la sua morte. Ingroia e la Procura di Palermo ne escono rafforzati e la campagna di odio e di criminalizzazione verso di loro è destinata a finire malamente.

 

Un Comitato Socialista per la lista di sinistra Fava

I socialisti siciliani hanno l'occasione di ritrovare se stessi in uno schieramento di sinistra e di progressisti che si costituisce attorno a Fava. E' innaturale il sostegno dei socialisti a Crocetta come lo fu a Capezzoni (che poi li lasciò con un palmo di naso) come lo fu per Ferrandelli alleato tramite Cracolici con Lombardo. E' stato sconcertante farsi imporre da Nencini la leadership di Vizzini che per decenni era stato importante uomo del gruppo dirigente berlusconiano. Invito i socialisti siciliani a fare un comitato e prendere contatto con Fava per concordare le modalità di una campagna elettorale che deve portare davvero ad un rinnovamento dell'Isola liberandola dall'egemonismo della destra e del PD che sono e saranno alleati per continuare l'opera del governo Lombardo.

 

 Agrigento da me perduta due volte!

Manco da Agrigento dal 1964 anno in cui moltissimi frequentatori di questo sito non erano ancora nati. Nelle settimane scorse ho avuto la possibilità - grazie a FB - di avere intensi contatti con molti miei concittadini e ne sono stato felice. Mi sono sentito quasi rinnovato e tanti momenti degli anni che vi ho trascorso sono tornati alla mia mente. Ne ho fatto ricordi che mi ha fatto piacere scrivere e comunicare. Fino a quando i ricordi erano innocui bozzetti di questo o quel personaggio, questa o quella macchietta che Agrigento ha avuto come tutte le città, l'accoglienza è stata buona, positiva, quasi commossa. Sono stato invitato a continuare a scrivere a ricordare altro e così ho fatto per qualche tempo. Quando dai ricordi sono passato ai miei giudizi sulla Agrigento di ieri e di oggi, sulla forza reazionaria che la blocca e che le impedisce di crescere, ho notato un raffreddamento dei miei concittadini e qualche presa di distanza. Ho sostenuto che Agrigento che cade a pezzi piuttosto che spendere per rimuovere le macerie che la stanno sommergendo dovrebbe farsi un nuovo piano regolatore basato sul focus della Valle dei Templi.Ad Agrigento qualcuno ha riservato il destino di potersi espandere verso Aragona. Io sono convinto che così come in tutte le città d'arte i monumenti ed i templi ne costituiscono il centro anche i templi potrebbero esserlo. Si potrebbe cominciare con lo spostare il Municipio, la Prefettura, la Questura accanto al tempio della Concordia ed agli altri templi. Naturalmente si dovrebbe costruire senza cemento in arenaria e pietra. Questa idea è sembrata folle a quanti si sono pronunziati. Discutendo di questo ho scoperto che la Valle dei Templi è pertinenza dell'Ente Parco e che gli agrigentini per accedervi debbono pagare il biglietto. Ho detto che considero l'Ente Parco e lo Ato vere e proprie disgrazie che affliggono la città e la sfruttano piuttosto che aiutarla. Guardate il costo dell'acqua e della immondezza che ha immiserito e reso disperati gli strati più poveri della popolazione. Insomma ho toccato tasti "sbagliati" e come si dice politicamente non corretti. Non si mettono in discussione Ente Parco ed Ato che sono opera della classe politica. Mi rendo conto della radicalità della mia proposta (sciogliere l'Ato, sciogliere l'Ente Parco) ma la reazione è stata quasi incollerita. Qualcuno si è ricordato che sono "comunista" e che starei bene nella Russia di Stalin e nella Cina di Mao. Certo anche se detta con finalità offensiva non considero offensivo essere definito seguace di Stalin o di Mao anche se non lo sono pur considerandoli immensi personaggi della storia della liberazione umana. Ho avuto anche il torto di attaccare il ruolo della Curia Vescovile che io considero la catena che tyiene incollata Agrigento al suo passato e perciò alla sua miseria. Per farla breve questo mio revival con la mia città è stato un disastro. A tanti giudiziosi benpensanti sono apparso certamente come un pazzo da catena per le mie idee imbarazzanti sulla città nella quale da la parte povera e la parte borghese si incontrano soltanto come l'una subalterna e soggetta all'altra. Sono stato gentilmente avvertito che ero fuori tema!!! L'unica speranza che Agrigento ha avuto di mettere insieme borghesia e popolo povero è stato il Fascio dei Lavoratori fondato da Francesco De Luca nel 1892. Ma, come sappiamo De Luca è finito in prigione ed i poveri tutti all'estero. Ci fu dopo la repressione crispina dei fasci la grande emigrazione oltreoceano degli agrigentini e dei siciliani. Emigrazione dalla quale nessuno è tornato tranne qualche anziana coppia di vecchi per rivedere la terra natia e sfuggire finalmente alla terribile macchina di sfruttamento che gli States sono stati e continuano ad essere per gli emigranti. Ricordo che all'inizio del secolo scorso negli USA furono linciati ed impiccati oltre mille italiani. Per puro odio razziale come quello dei giovani bergamaschi che cospargono di benzina di notte un immigrato e gli danno fuoco. In conclusione mi dispiace molto che non sono risultato conforme ai requisiti per riuscire gradito ai miei miei concittadini. Ma io sono diventato vecchio senza diventare mai giudizioso. La mia corda pazza non si è mai spezzata. Me ne scuso con quanti la ritengono scandalosa ma è troppo tardi per me riciclarmi in un virtuoso benpensante. Non sono mai riuscito ad esserlo!

===== questa nota è riservata ai membri di questo sito. Spero che nessuno ne faccia copia ed incolla. Mi dispiacerebbe essere trascinato contro la mia volontà in una nuova polemica.

 

 A proposito di babbaluci  http://www.facebook.com/groups/266646570112242/?ref=ts   

Il mio amico Pippo Oddo mi stimola a sviluppare l'argomento. Da bambino, , passavo gran parte delle calde notte d'estate in via Re dove ci riunivamo accanto alle "nonne" delle famiglie che vi abitavano. Le famiglie erano tutte legate da grandi rapporti di amicizia. Si può dire che si faceva vita in comune essendo quasi tutti abitanti dei pianterreno con le porte sempre aperte. Dunque nelle calde serate e nottate d'estate donna Angelina ci raccontava storie di trovatori, di carrozze d'oro, di tesori nascosti. Nei suoi racconti nessuno che avesse avuto in sogno l'indicazione di una trovatura, di un luogo dove erano sepolti i tesori, riusciva mai a porterseli a casa. Perchè nel momento in cui vedeva i tesori commetteva un errore, si voltava per esempio indietro e questo non doveva farlo, ed i tesori si trasformavano in gusci vuoti di babbaluci. Il guscio vuoto dei babbaluci rappresenta il massimo della delusione e della sconfitta. La signora Angelina era la moglie di un macellaio della famiglia dei Mazzarella. La figlia da noi chiamata signora Fofò era rimasta vedova in giovanissima età e con due figli Lucia e Carmelo da crescere. Il marito era un sarto valente ma a causa della crisi e della fame era stato costretto ad arruolarsi per la Spagna e ci era rimasto per sempre. La sua foto era nel soggiorno e potevano vedere che bel giovane era e rimpiangerne la vita perduta. Il fascismo è stato anche questo: fame e vite perdute per sempre in Africa o in Spagna. Persone che si arruolavano per disperazione per mandare alle famiglie soltanto la deca che prendevano.

 

 La scatola delle fotografie

Mia nonna Vincenza aveva una scatola da scarpe piena zeppe di fotografie. Centinaia di fotografie dei figli, dei nipoti, delle nuore, dei generi, dei pronipoti. Forse più di cento familiari. Ricordava i nomi di tutti e come facesse per me è un mistero. Alcuni non li aveva mai visto di presenza essendo in Canadà, in Usa o in Germania. A volte ci riuniva attorno a sé quando andavamo a trovarla a Realmonte e ci parlava di loro i e dei luoghi che abitavano e di quando se ne erano andati.

Aveva portato dagli States un aggeggio di legno laccato con due vetri nel quale si infilavano cartoline che si vedevano in modo tridimensionale, Le cartoline mostravano personaggi e paesaggi dell'America dell'inizio del Novecento. Ne ricordo una con una grande spiaggia affollata di persone cosa che per noi era stranissima. Non avevamo ancora abitudine alle ferie ed ai bagni di mare. A noi ragazzi le foto tridimensionali sembravano una magia, una cosa miracolosa e quando andavamo da lei una delle prime cose che andavano a cercare nel grande cassettone di casa era questa sorta di proiettore.

Quando mia nonna si sentiva bisognosa di essere accudita chiamava il tassinaro del paese e si faceva accompagnare a casa mia. La figlia Assunta (mia madre) era preposta a questa incombenza. Stava un genere una ventina di giorni durante i quali aizzava quotidianamente mia madre contro mio padre. Il quale invece aveva tante attenzioni per lei e le procurava quasi quotidianamente un merluzzetto da farle bollito.  Quando si sentiva di nuovo in forze o le mancavano le comarelle vicine di case richiamava il taxi si prendeva la sua "truscia" e prima di andarsene dal predellino della auto faceva un ultimo comizio contro mio padre. Al quale rimproverava cose di venti o trenta anni fa che probabilmente non erano mai accadute.

Morì di un male allo stomaco ultraottantenne. La ricordo nel letto di morte con mio zio Giuseppe seduto al suo fianco che faceva conti complicatissimi con un lapis su un taccuino della eredità della nonna. L'eredità era ben misera cosa. Due pezzi di terra con qualche alberello di mandorlo o di frutta che non raggiungevano un ettaro. Questo atteggiamento di mio zio era il prodotto della politica di potere che la nonna aveva praticato in famiglia. Dieci figli tutti divisi e quasi rancorosi l'uno con l'altro per una ben misera cosa! Mia madre rinunzio subito alla lenza di terra che le sarebbe toccata e non ne volle sapere niente. Naturalmente questa vicenda della eredità veniva presto dimenticata da tutti perché appunto non ne valeva proprio la pena ma i dissapori restavano più tra i figli maschi che la tra le femmine.

Contrariamente a quanto si crede non è vero che povertà e solidarietà vanno insieme. La povertà spesso incattivisce e rende meschini. C'è una sorta di meccanismo psicologico che scatta nelle famiglie numerose molto povere. Una sorta di forza centrifuga in cui non potendo nessuno aiutare l'altro tutti vanno ognuno per la sua strada.

I miei parteciparono alle lotte per l'occupazione di terre. Mio zio Giuseppe ne fu uno dei dirigenti. Si chiedeva l'assegnazione dei terreni incolti della immensa proprietà del barone Agnello. A riforma agraria fatta, visti i risultati deludenti il movimento contadino si sciolse e moltissimi emigrarono all'estero come era accaduto subito dopo la repressione dei fasci siciliani. Il grosso partiva per la Germania, altri per il Belgio e la Francia. Andarono ad abitare le squallide baracche della Wolksvagen nella triste ed opprimente Germania dove piove sempre ed il sole si vede raramente. Dopo anni di rimesse ai familiari per costruire una casetta abusiva ed affrancarsi dall'affitto tornavano con una sola ricchezza: la pensione! La pensione che assicurava la loro sopravvivenza a vita anche se assai modesta. Portarono pure la conoscenza della busta paga e l'abitudine a sentire la radiolina al transistor. Il contatto con le regole della industria del Nord fece prendere coscienza di tanti diritti che prima erano del tutto sconosciuti. Il diritto alle ferie che attivò un grandissimo traffico automobilistico dal Nord verso la Sicilia. Lavorando come muli e "leccando la sarda" molti dei nostri emigranti si sono fatte le casette nei paesini natii e magari la casa per figli. Hanno costruito illegalmente e spesso in proprio con l'aiuto soltanto di un bravo capomastro, della famiglia e degli amici. Per il resto non hanno avuto nulla tranne, come dicevo, una cosa preziosa: la pensione che anche se piccola piccola permette alle famiglie di comprare qualche sacco di grano o di farina per l'inverno ed un orcio di olio. La pensione è stata la più grande conquista della emigrazione. In Italia era largamente sconosciuta. Nessuno aveva le "marchette" per poterla rivendicare. Ne bastavano se mal non ricordo di 15 anni. Ma l'emigrazione ha distrutto la cultura contadina e bracciantile siciliana. Nell'immediato è sembrato di averne un beneficio un progresso. Con il tempo abbiamo capito che non era così. Che quella cultura veniva sostituita non da una cultura superiore ma dalla spazzatura commerciale del cosiddetto progresso e dal vacuo. I braccianti siciliani poveri erano portatori di una cultura di grande valore. Nelle riunioni di assemblee era un piacere sentirli parlare. Le parole anche se appassionate erano misurate ed impregnate ad una sapienza che oscillava tra il pessimismo frutto di secoli di sofferenze e il rivoluzionarismo di quanti avevano capito il valore del lavoro nelle relazioni sociali. Mi dispiace che non si abbiano registrazioni delle assemblee popolari dei braccianti. I braccianti sono stati il popolo della Sicilia, la radice profonda della nostra gente. Ognuno di noi ha sangue loro nelle vene e questo fa dei siciliani una delle popolazioni più intelligenti della terra. Come i palestinesi. Come gli ebrei. Noi siciliani siamo tutti figli di contadini e di braccianti!

 

 Un incendio

I miei d'estate mi mandavano a passare qualche giorno da mia nonna a Realmonte,un paese non lontano da Agrigento. Vi giungevo palliduccio ma dopo qualche giorno di vita all'aria aperta mi guadagnavo un bel colorito e stavo assai meglio. Ricordo di avere preso una insolazione con un febbrone da cavallo che mi dava irrequietezza. Mi alzavo in piedi sul lettino sopra il quale pendevano grappoli di pomodori. L'insolazione mi fu curata da una vicina di casa la quale mi mise sulla testa un piattino con dell'acqua ed una candela accesa. Farfugliò assistita dalla nonna non so quali preghiere alla fine delle quali mi tolse il piattino dalla testa. Non avevo più la febbre! Non chiedetemi spiegazioni ma è andata proprio così. Mio nonno Gandolfo era un uomo alto severo taciturno con due enormi baffi. Era stato con la nonna negli USA ma erano tornati indietro. Mia madre mi diceva a causa della gelosia della nonna. Portarono a Realmonte un apparecchio con il quale si vedeva le foto tridimensionalmente e l'usanza di prendere il taxi e ed infatti ricordo che mia nonna ne prendeva uno ogni volta che veniva a trovarci ad Agrigento. Nonno Gandolfo morì alla Feliciuzza di Palermo dove era ricoverato per una appendicite sepolto in uno dei tanti bombardamenti americani. La nonna restò vedova. Aveva dieci figli, sei maschi e quattro femmine. Il primogenito si chiamava Damiano ed aveva appena compiuto 14 anni quando mio nonno lo accompagnò a Porto Empedocle per imbarcarlo su una nave che partiva per New York.Non fece mai ritorno in Italia. A Bruculino come si chiamava la zona italiana di New York fu pescato assieme a due amici mentre rapinava una banca e arrestato. Fece qualche anno di carcere. Dopo si sposò con una bella ragazza italo-americana e visse facendo il fotografo. La ragazza si chiamava Cristina ed in casa della nonna era custodita gelosamente la loro foto di matrimonio l'unica cosa che si è mai avuta di loro. Gli altri miei zii Nociu (Onofrio), Giuseppe, Saru e Gaspare negli anni cinquanta emigrano in Germania. Mia zia Marannina con il marito emigrò in Canadà e si stabilì ad Hamilton nella zona dell'Ontario e dei Grandi Laghi, Giuseppe contrasse durante il servizio militare una tubercolosi alle ossa dalla quale guarì ma che lo lasciò sciancato, imparò il mestiere di indoratore e divenne un buon artigiano a Realmonte. Mio zio Giuseppe fu assunto alla Keramos di Agrigento e seguì la sorte della fabbrica. Mia zia Angela si sposò ad Agrigento ed ebbe una bella e numerosa famiglia. Uno dei figli è dentista molto apprezzato. I miei zii Saro e Gaspare e mia zia Rosa emigrano in Germania in un paese chiamato Bus nella zona di Saarbruken. Un paesino che era una specie di ripetizione tedesca di Realmonte dove la gente si era sistemata come nel paesello natio. Insomma la famiglia dei miei nonni materni è stata una sorta di summa delle scelte emigratorie dei contadini siciliani da quelle transatlantiche dalle quali non si torna quasi mai a quella europea. Mio zio Gaspare si sposò in Germania con una ragazza tedesca. E' morto giovane ed ha lasciato figli che parlano solo il tedesco mentre i figli di mia zia Rosa si sono inseriti e fanno gli impiegati a differenza dei genitori che fecero gli operai in fabbrica. Mio zio Nociu si mise con una signora tedesca che noi abbiamo conosciuto in occasione di una loro visita in Sicilia. La signora aveva l'abitudine di bere, cosa questa che destò scandalo e riprovazione in tutto il parentado. Ma mio zio Nociu non si fece influenzare contro la compagna e continuò a volerle bene. Una estate a Realmonte avevo più o meno nove anni ne combinai una grossa assieme a mio zio Gaspare che mi era zio ma era quasi mio coetaneo. Dopo avere girato in lungo ed in largo nelle campagne vicine a quelle della nonna ci è venuta l'idea di dare fuoco ad una montagna. La montagna era piena di roveti e di cespugli di disa (non so il suo nome italiano) una erba lunga lucente verde e ricca di oli. In Sicilia c'è un proverbio che dice: disa cu disa si infascia a disa che è un modo per dire che gli eguali si mettono bene insieme. Gaspare scavò una piccola buca ai piedi della montagna e la riempi di erba secca. Poi strofinò un legnetto su un altro fino a quando non partì un filo di fumo nero. Dopo pochi minuti il crepitare della disa e dei roveti che bruciavano divenne assordante. Il fuoco partì alimentato da un venticello che spirava proprio in direzione della cima della montagna. Scappammo ed andammo a metterci su un ramo di albero dal quale ci godevamo lo spettacolo della montagna in fiamme. Intervennero i vigili del fuoco di tre o quattro paesi vicini e diecine e diecine di persone che lavorarono tutta la notte allo spegnimento. Verso le sette del mattino ricevemmo una visita delle guardie campestri che chiesero a mia nonna se avesse visto o sapesse qualcosa. La nonna, che aveva capito tutto, negò. Le guardie ci scrutavamo in faccia e ci guardavano le mani ed i vestiti. Poi con qualche sospetto se ne andarono. Quando andarono via mia nonna prese una scattatura di olivastro, una bacchetta verde flessibile dolorosissima. Con questa fustigò ripetutamente Gaspare. Io fui risparmiato.

 

 Quando si trebbiava sotto il sole. Tre bestie al lavoro: due muli ed un uomo!

In uno dei due pezzetti di terra della nonna a Realmonte situato in una montagnola dalla quale si intuiva la vicinanza del mare per il particolare colore del cielo ed anche per l'odore che arrivava nell'aria densa di iodio e salsedine c'era un pagliaru fatto dai miei zii. Era grande quando la lunghezza di un uomo ed era cosparso di paglia sulla quale si riposava nei pomeriggi della grande calura oppure quando vi si dormiva la notte se si era fatto troppo tardi per tornare in paese. All'inizio stare a terra su poca paglia era una cosa che quasi si subiva per necessità. Ma quando si fa l'esperienza di svegliarsi dopo avere passato una notte per terra la sensazione di benessere fisico è fortissima. Ricordo che mi sentivo come se una molla m i spingesse da terra e mi mettesse in piedi ! La terra mi infondeva vigore e mi sentivo come caricato di una energia nuova, straordinaria. Ma forse è perchè avevo non più di dodici anni ed a quell'età l'organismo è una sorta di macchina perfetta!Passavo le giornate a girovagare con Gaspare che mi veniva zio ma che aveva più o meno la mia età. Ricordo di aver visto sorridere assai di rado la nonna. Era severa e qualche volta arcigna. Era dotata di viva intelligenza ed aveva sempre qualche piano in corso di manipolazione dei figli. Figli che non tardarono a spargersi per il mondo raggiungere la Germania dove conobbero la busta paga ed una alimentazione normale ma a base di grassi e di carne. Mio zio Gaspare credo a causa del passaggio repentino dalla alimentazione a base di digiuni e di farinacei alla mensa tedesca nel giro di una ventina d'anni di Germania si prese un infarto dal quale non riuscì mai a riprendersi e morì giovane. Il cambio di dieta gli riuscì fatale. Credo che la stessa cosa succede a tanti immigrati che dopo qualche tempo ingrassano ed un po si imbolsiscono e di ammalano di diabete o di cuore.

 

 La diagonale

Nella primavera dell'anno scorso fui sottoposto ad un esame cardiologico. Hanno esplorato i tre bypass che nel 94 mi furono installati per verificarne lo stato d'uso. Ne hanno trovato due su tre otturati. Quelli fatti con la safena. Il by pass ricavato dalla cosiddetta mammaria invece funziona ancora. Queste notizie le ho avuto subito dopo la coronarografia che, a differenza di altre, si è protratta abbastanza a lungo. Nel corso dell'intervento che avveniva con una piccola anestesia locale sentivo dialogare i due medici che mi esaminavano. Un dialogo prima abbastanza normale con lunghe pause e poi sempre più serrato. La parola che dominava il dialogo era: diagonale! C'è la diagonale! In geometria (leggo) si chiama diagonale il segmento che congiunge due vertici non consecutivi di un poligono o un poliedro. Io non riuscivo a capacitarmi che cosa c'entrasse la diagonale con il mio cuore e con le mie arterie. Questa misteriosa parola che rischiava di diventare terrificante per tutto il suo carico di mistero inconoscibile a mia richiesta mi fu gentilmente spiegata dal cardiologo. Mi disse che a causa di essa non potevano liberare i by pass e renderli pervii con l'instyallazione degli aggeggini che da qualche tempo si usano per questo. Quindi i medici hanno preferito non intervenire. Ma il corpo umano ha risorse incredibili! Mi hanno spiegato che i due bypass otturati si erano fabbricati due loro vie di comunicazione con il cuore. Non sono riusciti a vederle ma erano sicuri che nella parte posteriore del cuore ci fossero i bypass creatisi spontaneamente, Per questa ragione ho scoperto la mia situazione soltanto quando sono stato esaminato. Non avevo avuto nessun segno di quanto era accaduto. Sono andato avanti tranquillamente e senza neppure un mal di testa. Ecco quindi perchè la parola "diagonale" mi risuona ogni tanto nella testa! E' a causa sua che non ho potuto recuperare i miei by pass e vado avanti con la mia mammaria e con i due bypassi creati dai bypass!! La diagonale!

 

 Resoldor, ah come respiro!

avevo una diecina d'anni quando il Dr.Rampello da Raffadali ottenne di aprire una farmacia in Corso Garibaldi nei pressi della piazzetta che dava sul Municipio Vecchio. In Via Garibaldi alle spalle della baracchetta di rivendita alimentari gestita da mio padre c'era anche l'osteria del mio amico Tony Cucchiara, mio coetaneo, che presto avrebbe preso l'avventurosa strada del mondo dello spettacolo come cantante ed intrattenitore. La putia di vino con cucina era gestita dalla madre di Tony, una signora di cui ricordo due grandi occhioni in una faccia rotonda e generalmente severa. Il papà di Tony era fontaniere al Comune. Tony aveva due sorelle, due distinte signorine che ogni tanto venivano a trovare la madre e qualche volta si intrattenevano per un pò. Dunque il farmacista Rampello aveva il problema di sistemare gli armadi e tutte le medicine ed io mi prestai. Lo aiutai per alcuni giorni a mettere tutto a posto esegu endo le indicazioni che il farmacista mi dava. Nel sistemare gli scaffali mi capitavano davanti un gran numero di graziose scatolette di latta di caramelle per la gola. Erano le famose Rosoldor che prima si chiamavano Soldor. Io ero attirato moltissimo da queste scatoline di latta dipinta a colori vivaci e con la scritta "Ah, come respiro!". L'attrazione era tale che mi indusse a rubarne una. Cosa che non sfuggì allo occhiuto farmacista che mi osservava di sottecchi. Mi lasciò finire il lavoro che stavo facendo e poi mi chiese di rimettere a posto la scatolina. Cosa che io feci avvampando di vergogna e quasi sentendomi male. Il farmacista che era avarissimo (forse come tutta la categoria) mi offrì delle caramelline per la gola sfuse che io rifiutai. Non vidi l'ora di andarmene ed infatti me la svignai subito a testa bassa. Ero anche terrorizzato dalla idea che il farmacista raccontasse la cosa a mio padre. Ad essere sincero le caramelline non mi interessano per niente. Volevo la scatoletta! E' trascorso un mucchio di tempo ed ho dimenticato il nome di tante cose. Ma le Resoldor, ah come respiro non le ho mai dimenticate!

commenti:

 

Giuseppina Ficarra

Caro Pietro alla descrizione dei farmacisti come categoria di gente avara non si adatta la figura di mio padre chimico farmacista a Canicatti, a Borgalino. Quando doveva decidere una spesa diceva sempre: "trenta e du 28", il cui senso era "non preoccupiamoci più di tanto". Quando arrivarono gli Americani e giunsero in farmacia le medicine nelle "scatolette", si arrabbiò moltissimo, perché, diceva, non voleva fare il rivenditore di scatolette! E infatti la farmacia la vendette. Io l'ho assistito nelle trattative e nel fare l'elenco delle cose che c'erano. Quale non fu la mia meraviglia quando al dunque mio padre disse all'acquirente: "Facciamo cifra tonda, invece di 5 milioni e otto, (che era la cifra pattuita) mi dia cinque milioni"!!! Questa era l'avarizia di mio padre! Inoltre inculcò in noi figli (io forse un pensierino ce l'avrei fatto) il rifiuto per la professione di farmacista (a causa delle scatolette), e soleva dirci "Figli miei, meglio vendere sacchi di patate e non scatolette di medicine".
Molte delle medicine che a quel tempo si vendeano, venivano preparate dal farmacista che pesava, pestava nel mortaio, avvolgeva nelle cartine. Io da ragazzina, quando mi capitava di andare a trovarlo in farmacia, ero affascinata da queste operazioni. Sempre a causa delle odiate scatolette negli ultimi tempi, quando nella bella stagione si intratteneva davanti alla farmacia in animate discussioni politiche, capitava che se passava qualcuno a chiedere un prodotto commerciale inscatolato lui, anche se quella "scatoletta" l'aveva, gli diceva: un ci l'haiu, vai chiù avanti ni la farmacia di.......... ca ci l'avi di sicuru!!! Certamente non si può parlare di avarizia!!!!

Pippo Oddo
Ma tuo padre non era un farmacista qualsiasi: era sangue dello stesso sangue di mons. Angelo Ficarra, il generosissimo vescovo di Patti.

Giuseppina Ficarra
Hai ragione Pippo, gli esempi in famiglia non mancavano. Un altro fratello di mio padre era medico della mutua ed era considerato il medico dei poveri. Una volta, ricordo, mi trovai a passare dalla sua sala d'aspetto piena di gente; era già ora di pranzo, quando vidi lo zio uscire dal suo studio, indicare col dito due o tre persone e dire: "E' tardu, tu, tu e tu putiti pagari, itivinni ni Tanu Stidda". Spesso poi capitava che a ora di pranzo andava in cucina e comunicava a sua madre, mia nonna, senza tanti preamboli che nella saletta c'erano alcune persone che dovevano mangiare. Quando non era lui a portare il mangiare a casa dei malati!

 

 I sogni 29.9.2012

Quando si diventa tanto anziani come io sono diventato i sogni bisognerebbe - se fosse possibile - non averne più. Aumentano la propensione alla depressione. Da giovane mi capitava di sognare di volare. Facevo anche dei sogni brutti ma in generale non erano tanto cattivi. Ora faccio sempre lo stesso genere di sogno e questa ripetizione è già una cosa deprimente.. Dunque sogno spesso folle enormi di persone vestite poveramente. . Io non conosco mai nessuno e mi meraviglio che possa sognare tanti visi di gente che credo di non aver mai visto. Queste folle di persone camminano e vanno da qualche parte ed io non so dove andare e quale strada prendere per tornare a casa. Mi capita anche di sognare e sempre più spesso mio padre. E' una novità questa apparizione del padre nei sogni. Ho sognato la scalinata che sta quasi dietro il Municipio di Agrigento piena piena di gente che scendeva verso il basso e non finiva mai di scendere. Tra questi c'era mia padre con il quale mi incontravo ma non scambiavo neppure una parola. Ecco la figura del padre nei sogni è sempre silente. Sogno di essere in una città diversa da quella in cui vivo e dove sono andato per partecipare ad una riunione, ad un evento e poi di non avere i soldi per l'aereo oppure di averlo perso oppure di smarrirmi strada facendo. Ho ragione quando dico che ad una certa età sarebbe meglio un sonno tranquillo e senza sogni?

 

 Il cretto di Burri

celebrato dalla cultura internazionale come monumento evocativo e conservativo della memoria del terremoto. Non mi è mai piaciuto e considero la spazio che occupa con il suo cemento una offesa permanente alla natura che ne sarà per sempre soffocata. Non c'è alcuna ragione per dedicare una parte della terra ad un evento luttuoso e disastroso.Per quale motivo si deve ricordare un terremoto? Il prossimo che verrà potrebbe essere come quello che abbiamo subito o addirittura peggiore. E' vero che l'arte non ha scopo ma non ha senso imprigionare per sempre la terra in una guaina di sterile e dannoso cemento.
http://sicilia.indettaglio.it/ita/comuni/tp/gibellina/turismo/turismo.html

 

 

 Michele Sala raccontato da Eric Hobsbawm

"Mi ricordo la prima visita in Sicilia, nel 1953, quando fui ospitato da Michele Sala, deputato e sindaco di Piana degli Albanesi. La città era una roccaforte rossa fin dal lontano 1893 quando il nobile dottor Nicola Barbato aveva predicato il vangelo del socialismo agli abitanti di quella che allora si chiamava Piana dei Greci da quella roccia - nello sperduto passo montano di Portella della Ginestra - che ancora oggi è conosciutaa come la "Pietra del Barbato". In gioventù lo stesso Michele Sala, che era nato nelle vicinanze, aveva ascoltato la buona novella dalle labbra dell'apostolo. Da allora in poi, con la pioggia o con il sole, in tempo di guerra come in tempo di pace o sotto il fascismo, alcuni pianesi non avevano mai mancato di commemorare

il primo maggio con una manifestazione a Portella della Ginestra. Gli eventi del 1947, quando il bandito Giuliano massacrò i partecipanti a questa meravigliosa manifestazione, sono stati splendidamente ricostruiti nel meraviglioso film di Francesco Rosi, "Salvatore Giuliano". Poco tempo dopo dopo l'eccidio, il partito aveva incaricato Sala di farsi carico della difficile situazione di questa parte dell'Isola.IL realismo tipico dei siciliani non gli faceva difetto.In gioventù aveva fatto iscrivere al partito, fra gli altri, anche Giuseppe Berti, he nell'era del Cominter sarebbe diventato un comunista di spicco e che allora studiava a Palermo. Il suo trucco era di avere scelto un'ottima posizione strategica per l'ufficio del partito socialista: un appartamento di fronte ad un bordello, in modo di potere arruolare potenziali reclute che, uscendo dalla casa di piacere con animo rilassato, sarebbero stati più disponibili di ascoltare la propaganda rossa. Questo suo realismo si era poi unito alla esperienza politica maturata durante i vent'anni di esilio a Brooklin, dove aveva imparato l'inglese abbastanza bene da spiegarmi perchè mai stava riempiendo di costruzioni la periferia della città ( "lotta guys need jobs - un sacco di gente ha bisogno di lavorare", mentre la percorrevamo in lungo ed in largo a bordo della sua auto di rappresentanza, salutando cittadini a destra e a sinistra (" In this town i know who I gotta say hello to!" - in questo paese so chi devo salutare!"...
tratto da "Anni interessanti" pag.382-3

 

ancora su Michele Sala di Eric Hobsbawm

L'inglese bolognese

" Mi venne poi mostrato il cimitero, o meglio la necropoli dei Matranga, degli Scirò, dei Barbato dei LoJacono e delle altre famiglie cristiane albanesi che erano emigrate in Italia meridionale ed in Sicilia nel quindicesimo e nel sedicesimo secolo. Tutte le lapidi moderne, grandi o piccole che fossero, avevano la fotografia del defunto. La morte era sempre presente a Piana , era una realtà mai dimenticata e sentita con rispetto. In quella cittadina vidi un aspetto del costume tradizionale che era ancora dato per scontato e cioè le donne, vestite di nero, che stavano sedute in silenzio sulla strada, ma sempre con il viso rivolto verso l'interno della casa. Stavamo camminando lungo un lato della piazza - gli anticomunisti ed i m afiosi camminavano dall'altro lato- quando mi fermò per un istante: "non dire a nessuno qui che sei un inglese" mi avvisò: "Ci sono persone che se lo sapessero non sarebbero affatto contente di vederti assieme a me. Gi ho detto che vieni da Bologna." Era abbastanza logico: anche in Sicilia si sapeva che Bologna era rossa ed era quindi naturale che un comunista venisse a far visita ad un suo compagno. C'era soltanto un particolare che non capivo: eravamo stati insieme tutto il giorno parlando in inglese ad alta voce. Sala, che conosceva la sua gente, fugò i miei dubbi. " E come fanno a sapere che lingua parlano a Bologna?" In effetti, una novantina di anni prima, poco dopo l'unificazione dell'Italia, era successo proprio questo: nel 1865, i primi maestri inviati dal nuovo regno per insegnare ai bambini siciliani l'italiano di Dante erano stati scambiati per inglesi. Sotto questo aspetto, nello entroterra siciliano la situazione rimase immutata fino alla diffusione dei programmi televisivi nazionali. .......... In Italia, un'altra reliquia del passato era anche il rispetto pubblicamente tributato agli intellettuali ed il ruolo ad essi attribuito. Non riuscirei ad immaginare nessun altro paese europeo dove un noto intellettuale come Bruno Trentin - che proveniva da una famiglia di accademici antifascisti emigrati - sarebbe potuto diventare un leader di uno dei principali sindacati dei lavoratori dell'industria e poi della più grande confederazione sindacale nazionale." (da "Anni interessanti" pag.382-3)

 

 Marines ad Agrigento

Nel luglio del 1943 avevo appena sette anni ed in un pomeriggio caldissimo stavo appoggiato tra le gambe di mio padre seduto sotto un albero di mandorlo. All'albero era appesa una sacca con del pane. Di fronte a noi stava la grotta dove eravamo ricoverati sfollati da Agrigento bombardata dal mare da una innumerevole quantità di navi da guerra di tutte le dimensioni. Mio padre era inquieto e mi intimò di rientrare nella grotta dove stava mia madre incinta ed in attesa di un bambino da un giorno all'altro. Io resistevo perchè nella grotta il caldo era terribile e sapeva di umido. Mio padre mi mollò uno schiaffo e io riluttante, obbedii. Ad un tratto sentimmo l'aria lacerata da una rumore insolito, sinistro. Una sorta di trictrac agitato a tutta velocità. Non facemmo in tempo ad alzare gli occhi che una pietra rossa era caduta tra le gambe di mio padre proprio nel posto dove io ero seduto dopo avere colpito la sacca del pane sbriciolandola. Mio padre prese in mano la pietra ma la dovette buttare subito. Si trattava di un pezzo di ferro incandescente dal peso approssimativo di almeno un chilo! Se mi fosse caduto addosso mi avrebbe certamente fatto molto male. Forse mi avrebbe ucciso! Due o tre notti dopo fummo svegliati da un rumore sordo persistente. Era una interminabile fila di soldati che ci passavano vicinissimi proprio a pochi metri sfruttando un vecchio sentiero. Passarono per ore ed ore fino a quando cominciò ad albeggiare. Io fui allontanato dalla grotta dove mia madre stava dando alla luce mio fratello Fortunato. Era il 10 luglio 1943

 

 Sto pensando di scrivere i miei ricordi di Luciano Lama. Per un paradosso della storia Lama che concordò con Confindustria il punto pesante unico di contingenza ( 1975) è ricordato come "moderato" mentre Trentin che concordò con governo e confindustria (1990) l'abolizione della scala mobile è ricordato come dirigente di "sinistra". Mah!

 

Luciano Lama

fu eletto segretario della CGIL nel salone della Domus Mariae nel 1970, in sostituzione di Agostino Novella nel corso di una speciale riunione del Consiglio Generale della Confederazione. Tre anni dopo veniva confermato dall'ottavo congresso tenutosi a Bari. Ne conservo una bellissima foto quadrangolare. A Bari ero seduto tra i membri della Presidenza del Congresso ed ero proprio dietro il podio da dove lui leggeva la relazione. Cominciò a parlare scosso da una intensa emozione che lo agitava. Vedevo oscillare il pantalone della sua gamba sinistra evidentemente scossa da un fremito incontenibile del nervo sciatico. Soffrii con lui di questo impatto con la platea del Congresso. Eppure Luciano era grande oratore e non era certamente alla sua prima relazione pubblica. Ma era il Congresso in cui doveva venire confermato alla carica che gli era stata affidata dal Consiglio. Dopo una ventina di minuti si calmò del tutto e la relazione filò liscia come l'olio fino alla fine. Era un gigante che incuteva rispetto e tuttavia era anche di grande emotività. Una eguale intensissima emozione lo scosse in un altro Congresso tredici anni dopo.Il Congresso in cui si congedava dalla CGIL dopo 42 anni di militanza. Per un paio di giorni non fece altro che piangere. Si asciugava gli occhi con un grande fazzolettone. Come si può non voler bene ad una persona così? I siciliani abbiamo avuto il piacere di averlo assieme a parte della sua famiglia nel Natale dell'81 alla scuola sindacale di Santa Venerina. Venne con la madre e la moglie. Aveva anche due figlie che però non vennero. Scherzando diceva di essere circondato dalle donne! La madre era una bella signora emiliana romagnola, vestita di nero, dalla carnagione chiara ed una bella faccia antica di persona uscita dal una foto del novecento. Madre e moglie erano splendide persone semplici, di compagnia. La moglie di Luciano Lama, alta come lui, gli somigliava tanto da sembrarne la sorella! In CGIL non ebbe mai vita facile sebbene il suo prestigio fosse diventato enorme.Trentin, Garavini, Bertinotti, la Camera del Lavoro di Torino quella di Brescia lo contrariavano "da sinistra". Non era amato dal Nord. Ricordo un Congresso allucinante all'Eur dedicato alla questione del 41 punto di contingenza! Non domandatemi di che cosa si trattava perchè non lo ricordo! So soltanto che tutti i delegati meridionali al Congresso ci sentivamo estranei al dibattito ed amareggiati perchè sentivano che la nostra opinione non contava molto. Dentro la CGIL il pregiudizio antimeridionale contava molto per gli esponenti delle strutture del Nord e dei sindacati industriali. Ric ordo con amarezza che ogni volta che parlava un esponente del Sud molti sindacalisti del nord si alzavano in piedi e conversavano tra di loro voltando financo le spalle all'oratore. Facevano un brusio infernale in cui parlare dal podio diventava una sofferenza. Il segretario della Camera del Lavoro di Torino fece una protesta durissima in un Consiglio Generale nel quale io ed Epifanio La Porta eravamo stati eletti membri del Direttivo! Non riusciva a capire tanta considerazione. Gli ricordai che avevamo più iscritti del Piemonte e che pur non avendo l'industria la CGIL in Sicilia contava. Ebbene, Luciano Lama era il volto umano della CGIL. Era il compagno, il dirigente nel quale noi ci riconoscevamo. Noi siciliani sapevamo bene che ci voleva bene e da quel grande italiano che era voleva il progresso della nostra Isola. Lo sentivamo uno dei nostri.

manifestazione per la pace a Palermo Novembre 1981 con Lama e Pio la Torre. Io sono visibile a sinistra dietro Luigi Cocilovo segretario della Cisl

ancora su Luciano Lama

nel marzo del 1977 decise di parlare ai giovani della Sapienza di Roma che da mesi avevano dato vita ad una serie di lotte di dura protesta per i processi di involuzione in corso della società italiana, il loro disagio esistenziali, la mancanza di prospettive per il futuro. Come si sa, fu violentemente contestato e costretto ad interrompere il suo discorso. Lama non si fece mai una ragione di quanto era accaduto e fu la prima crepa di lacerazione tra lui e la sua CGIL e l'Italia. Due anni prima aveva concordato con Agnelli, Presidente della Confindustria, il punto unico di contingenza che segnò il momento più alto dell'egualitarismo. La contingenza aveva lo stesso valore per l'operaio e per l'ingegnere cosa che nel tempo portò ad un appiattimento delle retribuzioni che comunque era molto più civile ed accettabile delle distanze abissali ed astronomiche che sono state riproposte negli anni successivi. IL prestigio della CGIL in Italia e nel mondo era enorme. Luciano Lama era uno dei più elogiati leaders sindacali. La contestazione di Lama fu vissuta dalla CGIL con disagio, irritazione, rabbia e tagliò un importante canale di comunicazione tra movimento operaio e movimento studentesco. Allora fui solidale con Lama e partecipai anche io alla riprovazione dei giovani. Ma da tempo ho cambiato idea e mi sono convinto che Lama e la CGIL sbagliassero. Il progetto riformista di cambiamento della società italiana sostenuto da Lama ed anche dal PCI era sostanzialmente sbagliato ed alla lunga perdente. Serviva certamente a Berlinguer ed al PCI per portarli al governo cosa che poi avvenne con Andreotti ma non poteva essere riconosciuto dai giovani come la strada maestra che li avrebbe aiutati nella vita. Quanto sta accadendo oggi è la prova che il sistema occidentale sopporta piccole dosi di riformismo se queste non incidono nel funzionamento del suo meccanismo generale. Ma non più di tanto e non per sempre. L'analisi fatta dai movimenti studenteschi e poi dalle Brigate Rosse sullo Stato delle Multinazionali era radicale ma giusta e forse non del tutto espressiva del "male" di cui è capace il capitalismo e che oggi si esprime nella disgregazione delle nazioni estranee alla sua cultura e nella cancellazione dei diritti delle classi lavoratrici e dei popoli dello stesso Occidente. Credo che la CGIL abbia sbagliato nel rifiutare in blocco il massimalismo dei giovani. Se il massimalismo è diventato terrorismo la responsabilità va ricercata non solo nei cattivi maestri ma anche nell'isolamento al quale i giovani furono condannati dai partiti della sinistra e dal sindacato. Certo il terrorismo è stata una pagina dolorosa della storia italiana per quanti lo stanno pagando con le carceri e per quanti lo hanno pagato con la loro vita. Ma il terrorismo è stato creato anche dalla disperazione dell'isolamento. Forse se ci fosse stato un dialogo tra lavoratori e giovani il corso della storia sarebbe stato un altro. Ma la CGIL vevniva spinta nel solco del compromesso storico e non aveva la forza di proporre una sua alternativa fatta di un rprogetto più accetto alle nuove generazioni ed alle loro esigenza. La teoria della austerità che poi era anche quella di Ugo La Malfa dei tre fratelli ha portato alla sconfitta operai e studenti.

Una comunità di orfanelle

Racconta l'avvocato Pillitteri che fu presidente della fondazione della cassa di risparmio di via bara all'olivella palazzo Branciforte in un bel libro che parla della storia del monte di pietà di Palermo del finanziamento che questo faceva assieme al senato di Palermo dell'orfanotrofio per signorine (non so se è ancora funzionante) gestito non ricordo da quale ordine di religiose. Ma il Monte di Pietà ed i Senato non si limitavano a finanziare la scarsa mensa ed il vestiario delle povere bambine ricoverate. Organizzava con una certa frequenza orge in cui le bambine veniva "usate" dai luridi vecchiacci che erano l'establiscement di Palermo..... questa disponibilità dell'istituto per i divertimenti orgiastici non si sa quanto tempo è durata. Certo se ne ha traccia nel seicento, nel settece nto...... Il libro fu edito dalla Fondazione di Palazzo Branciforti. Lo stampò Flaccovio nel 1973. Io purtroppo non riesco a trovare la copia che mi fu donato dall'avvocato ora purtroppo scomparso.

 

 Tratto dalle "Storie" di Erodoto

( vedere il sole e godere dei suoi raggi luminosi almeno una sola volta l'anno... Un desiderio che è il più grande desiderio di vita che sia mai stato descritto)

......... Per tornare a Micerino, lo storico greco aveva anche raccontato che la morte della figlia non era avvenuta per un’improvvisa disgrazia, ma che si era addirittura impiccata dopo aver subito una storia d’amore col padre (questi incesti non devono meravigliare eccessivamente, in quanto non erano rari i matrimoni tra i faraoni e le figlie o le sorelle), e che Micerino, forse per il rimorso, anche perché alle ancelle che avevano consegnato la figlia al padre, furono tagliate le mani per ordine della regina, fece costruire una vacca in legno, all’interno della quale fece seppellire l’infelice fanciulla, ordinando di venerarla come una divinità. “Tutto il resto della vacca è coperto da un manto di porpora - si legge nel racconto di Erodoto-mentre si vedono la coda e la testa indorate da uno strato d’oro molto spesso, mentre tra le corna è raffigurato in oro il disco del sole. La vacca non sta dritta, ma è piegata sulle ginocchia e viene portata fuori dalla camera mortuaria tutti gli anni, quando gli Egiziani si percuotono per il dio che qui io non nomino, in quanto, secondo quando dicono i sacerdoti, la figlia morente chiese, come ultimo desiderio a Micerino, di poter vedere il sole una volta l’anno..” Bene, esattamente un anno fa, una missione archeologica tedesca rinvenne, nei pressi dell’antica Menfi, un ipogeo, con un sarcofago in legno di sicomoro a forma di vacca. La prima ipotesi fu che si trattasse di un santuario della dea Hathor (l’equivalente dell’Afrodite greca), che veniva, appunto, rappresentata con la testa di vacca e con tra le corna un disco solare, simbolo del dio primigenio Aton. Successivamente, il filologo Athanasius Kerk ipotizzò che potesse trattarsi proprio della sfortunata figlia di Micerino

 

 Viaggio in Vietnam

Nel 1983 io ed Alfiero Grandi fummo inviati dalla CGIL a rappresentarla al Congresso dei sindacati vietnamiti che si teneva ad Hanoi. Alfiero Grandi che poi sarebbe stato eminente sottosegretario di Stato con il governo Prodi a quel tempo era dirigente della CGIL emiliana. Lo conoscevo da tempo e ne avevo stima. Era espressione di quella Emilia rossa che era uno dei grandi punti di forza della sinistra italiana. In Emilia il PCI in molte zone prendeva anche oltre il cinquanta per cento dei voti e le amministrazioni comuniste erano esemplari per la realizzazione di servizi sociali e la correttezza della gestione. Tutta l'Italia comunista e socialista era orgogliosa della forza che veniva dalla Emilia, dalla Toscana, dall'Umbria. Questa forza si irradiava nel territorio circostante. L'Italia centrale era in grandissima parte amministrata dai socialcomunisti Raggiungemmo Hanoi con un lungo viaggio in aereo che partiva dalla Germania est. Ci spostavano verso oriente e questo ci portò a vedere con emozione l'alba in un'ora che per noi era ancora piena notte. Ad Hanoi fummo ricevuti con i riguardi dovuti ad una delegazione ufficiale estera fummo alloggiati in un albergo dove fui colpito da un involucro di grissini Fioravanti abbandonato su un divano. Diavolo di italiani! Si trovavano dall'altra parte del mondo e nell'emisfero politico comunista! Mi spiegarono che industriali italiani facevano cucire lenzuola ed altro dalle operaie vietnamite e che c'era quindi una certa frequentazione di italiani. Al Congresso dei sindacati vietnamati la cosa che mi colpi di più fu l'immenso silenzio che dominava la sala del Congresso. Le uniche voci che si sentivano erano quelle del Presidente e dell'oratore. Il Congresso cominciava alle otto del mattino. Ogni intervento durava non più di dieci minuti. Non si sentiva assolutamente niente. Alle dieci e mezzo si faceva una sospensione di mezzora e poi di riprendeva sempre in questo silenzio. Un silenzio irreale. Io e Alfiero fummo sistemati in posti di onore. Al Congresso parlò Alfiero usando il francese lingua che i vietnamiti conoscono bene avendo subito la colonizzazione francese prima di quella inglese. Fu naturalmente molto ed a lungo applaudito. L'ambasciatore italiano ad Hanoi fu gentilissimo. Ci mandò a prelevare con l'auto e si intrattenne con noi. Conosceva Alfiero e ne aveva un grande rispetto. Era originario di Bologna. Di questo viaggio ad Hanoi conservo il ricordo di Hanoi che a me è sembrata una Venezia tropicale attraversata come è dalle tante giravolte del fiume Rosso la bellezza delicata e sensuale delle ragazze che passavano con un bilanciere sulla spalla dal quale pendevano due grandi ceste e che camminavano sotto quel peso come se danzassero con grande leggerezza, la dorsale montagnosa simile ai nostri Appennini... Saigon mi fece una impressione terribile. Eravamo alloggiati in un albergo di stampo coloniale in evidente stato di degrado che dava su una piazza piena di centinaia e centinaia di giovani che sembravano allucinati e che a volte si mettevano a camminare tutti insieme come pazzi. Parte della città era su palafitte immerse in un mare nero di sporcizia. La città intera era ancora traumatizzata dalla terribile guerra subita. Il processo di riunificazione era lento ed il Vietnam non aveva i mezzi per fare di più di quanto stava facendo. Confesso che nei due o tre giorni che passammo a Saigon ora chiamata città Ho Ci Min avevamo quasi paura di uscire in piazza. Ma forse era solo un nostro timore infondato. i vietnamiti sono un popolo contadino ed i contadini sono eguali in tutte le latitudini del globo.Non è difficile familiarizzare con loro. Ci trattarono con gentilezza ed organizzarono un pranzo fatto di tante verdure e carni che cuocevano al centro della tavola alla francese, Questo magnifico piatto aveva anche delle uove di gallo cedrone e questo era un segno di particolare riguardo nei nostri confronti. Le foreste del Vietnam dove vive il gallo cedrone erano state avvelenate dall'Orange il terribile diserbante usato dagli americani per defogliare e che ancora oggi continua a seminare terrore sofferenza e morte per le deformità e le mutazioni che provoca nei nascituri. Gli USA sfogarono la loro terribile rabbia per l'umiliazione di perdere il confronto militare annegando letteralmente il Vietnam in un mare di veleni chimici capaci di uccidere anche a distanza di anni e comunque di alterare l'integrità del DNA della popolazione. La differenza tra i due Vietnam era enorme. Non so se oggi esista ancora ma mentre il nord vietnam pur nella estrema povertà dava l'impressione di una nazione solida con i mercati pieni sempre di tantissimi prodotti della terra, il Sud del Vietnam era ancora segnato profondamente dalla presenza delle truppe di occupazione americana e vi si respirava un cupo clima di dopoguerra nel quale le fonti di sostentamento erano tutte scomparse con il ritiro delle truppe. Le truppe USA vi avevano portato prostituzione e droga. Siamo stati a rendere omaggio ad Hanoi al mausoleo di Ho Chi Min. Si tratta di una grande costruzione quadrata severa visitata da migliaia di persone. Prima di giungere ad Hanoi abbiamo fatto sosta a Karachi nel Pakistan. Durante la sosta fatta dentro l'aereo perchè non ci fu permesso uscirne potevo vedere la grande rete che circondava l'aeroporto gestito da militari dai modi bruschi. Vedevo migliaia di mani aggrappate a quella rete. Migliaia di persone non facevano altro che guardare l'aeroporto dalla rete. Su tutte aleggiava una disperazione terribile la disperazione che solo lo stomaco vuoto e la fame possono dare. Non dimenticherò mai il sentimento di angoscia che mi assalì per tante persone vestite soltanto di un pezzo di cotone bianco e che al mondo non possedevano nulla assolutamente nulla. Lì ho capito davvero la rivoluzione di Ho Chi Min ed la necessità di comunismo del genere umano.

 

 Ottaviano del Turco. Socialista sindacalista pittore e tante altre cose

Si fece le ossa tra i metalmeccanici e questa esperienza è quella che maggiormente ha inciso e forgiato la sua esistenza. Ha conservato da segretario della CGIL, del PSI, da Ministro, da Presidente della Commissione Antimafia, da Presidente dell'Abruzzo la prudenza e la fermezza dei lavoratori italiani per antonomasia. Subì in umiltà e silenzio anche le angherie di una dirigenza comunista della FIOM settaria e burocratica che arrivò ad estrometterlo da importanti trattative che si sono concluse senza la sua firma. Soltanto le persone c he gli eravamo vicine ci rendevamo conto di quanto succedeva. Ci fu una vicenda assai particolare alla Fiat dalla quale il segretario comunista Galli ritenne di estrometterlo non per settarismo di partito ma per prepotenza burocratica. Ottaviano incassò gli aspetti negativi derivanti dalla difficile convivenza con i comunisti e seppe sempre vedere molto al dilà dei rapporti burocratici interni ai gruppi dirigenti. Seppe vedere gli interessi generali della classe operaia e del movimento operaio italiano. Per questo era benvoluto dai lavoratori metalmeccanici e non. E' diventato capo della corrente socialista dopo Marianetti un personaggio geniale estroverso emotivo che riuscì a reggere il confronto con Lama senza naturalmente mai eguagliarne lo spessore ed il valore. Lama era non solo il segretario della CGIL ma anche uno statista che guardava all'avvenire dell'Italia. Marianetti alla fine non seppe distaccarsi con eleganza e riconoscenza dalla CGIL che ne aveva fatto una star nazionale ma in qualche modo si fece rimproverare di avere sputato nel piatto dove aveva mangiato. Mi riferisco alla amarezza di Lama quando la CGIL si trovo nei guai per via del referendum comunista sulla scala mobile. Ottaviano del Turco pur interpretando la linea dei socialisti ed essendo assai vicino a Craxi non si mise mai in contrapposizione con la CGIL sulla questione della scala mobile. Questione gestita strumentalmente da Berlinguer perchè il decreto di Craxi non aboliva affatto la scala mobile ma si limitava a cancellare soltanto quattro dei quarantasei punti di contingenza scattati. Ricordo una drammatica riunione a Milano presieduta da Ottaviano in cui si discusse che cosa avremmo dovuto fare nel caso che i comunisti vincessero il referendum. Ricordo che molti di noi difesero l'integrità della CGIL ed Ottaviano ne tenne conto nel prosieguo della vicenda. Ricordo di Ottaviano la sua scoperta di quello che definì "un verminaio della mafia". Da Presidente dell'Antimafia scoprì le lordure di una città come Messina, la corruzione del suo Ateneo quando tutti pensavamo che Messina fosse esente da inquinamenti mafiosi e fosse "Sicilia babba". Destò grande emozione sentire la sua relazione su Messina! Ricordo ancora l'aggressità di Tremonti verso Ottaviano Ministro delle Finanze. Ma, come dicevo prima, Ottaviano aveva imparato e somatizzato dai metalmeccanici l'arte di incassare le avversità e di non farsi squilibrare dalle offensive nemiche. Resta nella storia dei governi italiani il buon operato di Ottaviano come Ministro delle Finanze nonostante non fosse accademico borioso e conoscitore dell'inglese come Tremonti. Di questo si ricorda il fatto che fosse una specie di Sancho Panza di Berlusconi e come tale è rimasto nella nostra memoria. Ho tantissimi altri ricordi ma ne scriverò dopo.

 

 Lutto per Epifanio La Porta.

 E' morto ieri sera a Palermo Epifanio La Porta che fu segretario generale della CGIL siciliana da me sostituito nel 1979. Fu combattente integerrimo della causa dei lavoratori da dirigente della CGIL e da deputato regionale e poi senatore. All'origine era un lavoratore agrumaio. Lavorava nei magazzini di arance del siracusano e le sue qualità lo portarono prima a diventare rappresentante della categoria e poi a dirigere la Camera del Lavoro. Conobbe il carcere. A quel tempo per un dirigente della cgil era facile finire in galera. Anche Pio La Torre vi fu chiuso per quasi due anni. Difese assieme a me i minatori siciliani quando il PCI di Occhetto aveva deciso con la DC ed il PSI la chiusura delle miniere. Riuscimmo a concordare con PierSanti Mattarella un programma di prepensionamenti e di investimenti che porta il nome di legge 90. Fu persona di rara generosità. Amante della Sicilia comprò per la CGIL una magnifica proprietà a Santa Venerina in cui per anni prosperò la scuola della CGIL. Volle assieme a Luciano Lama che io, socialista, diventassi segretario generale della CGIL carica da sempre riservata alla componente comunista maggioritaria nel sindacato siciliano. Era autodidatta come tanti dirigenti della sua generazione ma di rara intelligenza. Gli ho voluto bene e gli sono sempre riconoscente per avermi permesso di accedere ad una carica che poi ha segnato la mia vita.

E morto stanotte a Cinisi il mio amico di una vita Paolino Angrisani. Fu v.Presidente dell'Ente Minerario Siciliano ed artefice coraggioso assieme al Presidente Verzotto ed al consiglio di amministrazione di cui io facevo parte dell'ideazione e realizzazione del metanodotto Italia-Algeria che da trenta anni rifornisce l'Italia del prezioso gas ed ha contribuito ad assicurare finora la pace nel Mediterraneo che oggi si vorrebbe distruggere. Paolino Angrisani e tutti noi incaricammo la Bectel dello studio di fattibilità dello attraversamento sottomarino del metanodotto e poi fummo artefici degli accordi con la Sonatrack. Ricordo l'arrivo dei giovanissimi dirigenti della Sonatrack a Palermo. Sembravano ragazzi liceali ed avevano la gestione di una grande società pubblica! Paolino Angrisani voglio ricordarlo come un costruttore del benessere italiano. Benessere che da anni a questa parte in molti stanno distruggendo. Era socialista come me ed amico di Francesco De Martino.

 

 

 

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Feliciano Rossitto

Carlo Doglio

Prima dell'infarto

L'infarto

Piersanti Mattarella

L'AUSER
Un libro da leggere. Pinocchio

La Rai siciliana

compiango il PSI

La contraddizione

70° Compleanno!

Un Comitato Socialista per la lista di sinistra Fava

I poteri del Generale -3 settembre 1982 e qui
Genocidio politico
Pietro Ancona la candidatura

La campagna elettorale di Enna

Corso Calatafimi    60
A Mondello
Ricordo di Vittorio Foa

La stagione rivoluzionaria

Socialisti della CGIL
Il futuro cancellato anche qui  65

Da Rigola alla Camusso
La Loggia massonica

Avvocato Francesco De Luca

La trattativa stato-mafia c'è stata eccome!

Un Comitato Socialista per la lista di sinistra Fava

Agrigento da me perduta due volte!  71

A proposito di babbaluci http://www.facebook.com/groups/266646570112242/?ref=ts    
La scatola delle fotografie

Un incendio

Quando si trebbiava sotto il sole. Tre bestie al lavoro: due muli ed un uomo!

La diagonale

Resoldor, ah come respiro!

I sogni 29.9.2012
Il cretto di Burri

Michele Sala raccontato da Eric Hobsbawm

ancora su Michele Sala di Eric Hobsbawm

Marines ad Agrigento

Sto pensando di scrivere i miei ricordi di Luciano Lama.

Luciano Lama  e ancora su Luciano Lama

Tratto dalle "Storie" di Erodoto

Viaggio in Vietnam

Una comunità di orfanelle

Ottaviano del Turco. Socialista sindacalista pittore e tante altre cose

Lutto per Epifanio La Porta.